Se è vero che la musica antica ha un’anima parallela rockettara, allora il Festival Oude Muziek di Utrecht è la sua Woodstock. In dieci giorni (23 agosto – 1 settembre) la città olandese ospiterà circa 240 concerti, ben più di 20 al giorno, con una programmazione che inizia alle 11.00 del mattino per concludersi spesso dopo la mezzanotte. A tutto ciò si aggiungono conferenze, workshop, masterclass, il concorso Van Wassenaer per giovani ensemble di musica antica, prove aperte e incontri in un insieme di iniziative incalzanti che rendono la giornata tipo di Oude Muziek una corsa entusiasmante da un evento all’altro. Un tale sforzo organizzativo si basa su una lunga esperienza che parte dalla prima edizione del 1982, quando la rinascita del repertorio antico e la nuova prassi esecutiva basata su strumenti originali era agli esordi. Negli anni successivi il Festival è cresciuto continuamente, fino a raggiungere nell’ultima edizione del 2018 il traguardo di 70.000 spettatori per 239 concerti.
L’intera città di Utrecht è coinvolta. La sede principale è nel Tivoli Vredenburg, un grande edificio moderno che contiene le due sale più importanti, la biglietteria, un bel bar, lo shop del festival che propone gadget e un ottimo assortimento di compact disc più tutto quanto serve all’organizzazione di questa macchina impressionante per efficienza e puntualità. Il centro storico offre ogni anno più di 30 sedi tra chiese, scuole, palazzi, musei senza alcuna discriminazione: in anni passati abbiamo assistito a concerti in salotti privati, una vecchia cisterna, un dopolavoro ferroviario, palestre delle scuole medie scoprendo ogni volta un lato nuovo e diverso della città. Queste sedi mutevoli e inconsuete ospitano un numero considerevole di concerti gratuiti (fringe), i cui protagonisti sono ensemble di giovani selezionati ogni anno dal Festival, che si concludono tutti con il rito del pay what you can quando i musicisti, senza vergogna e con il cappello in mano, chiedono l’elemosina all’uscita come fossero buskers, ma di serie A, raccogliendo gruzzoli considerevoli.
La presenza costante della città, oltre che nella partecipazione diretta di più di 100 volontari, si avverte direttamente nell’utilizzo degli spazi che costringono a percorrere tutte le strade e a perlustrare tutti i quartieri del centro storico, la cui dimensione contenuta permette di raggiungere i vari luoghi in tempi ragionevoli. Un’idea di festival diffuso che valorizza gli spazi comuni con intelligenza e che potrebbe essere imitata da tante altre realtà europee. Il Festival è legato anche ad associazioni dedite a chi si trova in situazioni di disagio e in collaborazione con queste raccoglie contributi volontari tratti dalle prenotazioni online, destinati a offrire biglietti gratuiti a chi non ha mezzi per acquistarli. Qualcosa di molto simile al caffè sospeso napoletano.
Proprio Napoli è il tema dell’edizione 2019. Oude Muziek da sempre sceglie un focus legato ad un luogo o a un periodo storico. Negli ultimi anni abbiamo avuto la Borgogna (2018), la Riforma Protestante (2017), Venezia (2016), l’Inghilterra (2015). Prima di Napoli e Venezia anche Roma fu al centro dell’edizione del 2011 (Roma città eterna). Il tema prescelto non funge semplicemente da generica idea aggregante cui restare vagamente agganciati, ma rappresenta l’occasione per esplorare e ricercare lo sviluppo storico e musicale di centri che con continuità hanno rappresentato dei riferimenti imprescindibili per la cultura musicale. Garanti di questa coerenza sono quest’anno i due artist in residence designati dal festival, entrambi italiani, Marco Mencoboni, direttore dell’ensemble Cantar Lontano e Giulio Prandi con il Coro e Orchestra Ghislieri.
Il programma si presenta vario e ricco di proposte insolite, per offrire un quadro della produzione musicale napoletana il più possibile trasversale tra secoli ed autori, come accade per la sezione dedicata al clavicembalo che vede impegnati nove clavicembalisti alle prese con sette autori principali tra Seicento e Settecento. Tra i numerosi ensemble invitati alcuni fedelissimi di Utrecht come Hesperion XXI, l’Arpeggiata, Vox Luminis, Cantar Lontano, Graindelavoix ma anche molti interpreti di formazione proprio napoletana, impegnati sia come solisti che come ensemble, tra cui la Cappella Neapolitana, Marco Beasley, Enrico Baiano e i Talenti Vulcanici.
Oude Muziek è qualcosa al di fuori dell’ordinario per la sterminata offerta e per la propensione all’inaudito. Chi passa da Utrecht non si limiti al grande concerto del giorno con la star internazionale, ma provi a seguire il filo di una giornata tipo del festival dal mattino a notte fonda, captando le suggestioni dei luoghi e della musica, cambiando idea, fidandosi dell’insolito e del nuovo. Chi può si fermi più di un giorno diventando un esperto di labirinti urbani e di apparizioni musicali sublimi. Chi è malato di antico provi lo sballo dei dieci giorni consecutivi, irripetibile altrove.