Carissimi,
inizio questo terzo articolo in modo meno formale per parlare di un problema spinoso e molto dibattuto nella didattica del canto; i concetti di APPOGGIO e SOSTEGNO del fiato.
Cercherò in veste di vocologa di analizzare gli aspetti di questi importanti pilastri della tecnica vocale sulla base di analisi mediche e metodi di indagini scientifiche quali elettromiografie, ecografie e risonanze magnetiche dinamiche, studi che negli ultimi anni sono stati portati avanti dalle più importanti università a livello mondiale.
La didattica tradizionale del canto lirico si è basata principalmente sulle sensazioni fisiche personali durante l’emissione dei suoni e su concetti metaforici di grande efficacia, che certamente sono stati fondamentali nel forgiare grandi artisti e importanti voci, ma è mia convinzione che la propriocezione personale, essendo appunto soggettiva, può portare in alcuni casi ad un inganno metodologico se non supportata dalla conoscenza della biomeccanica muscolare, ed a un rallentamento del percorso di studi, specialmente se l’allievo non è dotato della cosiddetta “voce di natura”, una voce già predisposta al canto per potenza e ricchezza di armonici.
Spesso la propriocezione personale può creare immagini e suggestioni che possono non corrispondere alla realtà fisiologica, ma che sicuramente hanno una grande valenza nella spiegazione metaforica del suono e della tecnica.
Affrontiamo dunque il grande tema della emissione vocale nel canto lirico partendo da quello che ho introdotto nell’articolo precedente, l’inspirazione totale.
Nella presa del fiato è fondamentale espandere le cavità di risonanza durante l’inspirazione, o meglio “aspirazione” attraverso la bocca, abbassando la laringe, espandendo il torace e il vestibolo laringeo in modo da costruire lo strumento “voce” per potere, in secondo momento, farlo risuonare.
La struttura fisiologica nella respirazione naturale tende a collassare nell’espiro, dunque è importante mantenere le strutture del torace e della gola in apertura in modo che le cavità restino risonanti durante l’emissione vocale; questa attività è assolutamente volontaria e non facile per il cantante.
Per mantenere le strutture laringee in espansione il torace va mantenuto aperto attraverso la contrazione elastica (mai forzata e rigida) degli intercostali, degli scaleni e dello sternocleidomastoideo ipoteticamente simulando una azione inspiratoria.
In questo modo il vestibolo laringeo continuerà ad essere mantenuto in posizione ampia e rilassata coadiuvato dalla sinergia dell’azione dei muscoli del torace e del cinto scapolare.
Nello stesso momento l’apertura delle coste permetterà di tenere teso il diaframma e rallentare la sua salita in modo da gestire la “colonna” del fiato, altra immagine metaforica acquisita dalla didattica antica, e cioè la costante spinta dell’aria nella trachea e verso le corde vocali: l’equilibrio pneumofonico.
Il primo concetto che vorrei affrontare è quello del SOSTEGNO.
Il sostegno del fiato consiste nell’azione della contrazione di alcuni muscoli dell’addome: in particolare il trasverso e gli obliqui.
Il sacco viscerale è mobile ma incomprimibile, e dunque durante l’inspirazione la discesa del diaframma sposta le viscere verso il basso permettendo ai polmoni di riempirsi d’aria.
L’azione del trasverso dell’addome comprime il sacco viscerale verso la spina dorsale e lo spinge verso l’alto (sappiamo che verso il basso la discesa viene fermata dalla tensione del muscolo del perineo).
Non è semplice percepire l’azione del trasverso dell’addome poiché è il più profondo dei muscoli addominali (che si dividono in trasverso, retto, obliqui interni ed obliqui esterni), ed è importante imparare a percepirlo, per esempio stringendo le mani alla vita simulando la tosse, il pianto, l’apnea.
Durante la contrazione del trasverso il sacco viscerale si comporta da vero e proprio stantuffo spingendo il diaframma e i polmoni verso l’alto.
A questo punto è importante affrontare un concetto che è stato fondamentale nella didattica tradizionale, l’APPOGGIO del diaframma.
Dalle ultime analisi effettuate attraverso risonanze magnetiche dinamiche e ecografie si evince che il diaframma non si può “appoggiare” attraverso una azione volontaria durante il canto essendo un muscolo involontario, anche se striato rosso, che si attiva solo durante l’inspirazione e si rilassa durante l’emissione risalendo.
Dunque la sensazione di pressione a livello addominale che si percepisce durante l’emissione vocale corretta non è determinata dalla contrazione del diaframma, ma dalla pressione del polmone contro le coste e la sua resistenza contro la risalita del sacco viscerale e del diaframma.
Quando le corde sono ben chiuse e non c’è fuga di aria, l’aria emessa nell’azione del canto è poca, e il polmone pressato mantiene la sua pressione sgonfiandosi poco a poco sotto la spinta costante delle viscere.
Il fiato all’interno dei polmoni dunque viene messo in pressione dalla risalita del sacco viscerale e si espande in tutte le direzioni. L’espansione del polmone pressato viene fermata in alto e lateralmente dalla struttura della cassa toracica (coste e muscoli) creando la pressione del fiato, che non è solo verso il basso, ma in tutte le direzioni. La sensazione più propriocettiva è quella che si percepisce sotto lo sterno all’altezza dell’epigastrio, è lì che il polmone e tutte le strutture sottostanti (diaframma, stomaco e fegato) hanno il punto di fuga a causa della conformazione della cassa toracica.
Questa sensazione di espansione della struttura muscolare viene erroneamente indicata come “appoggio del diaframma” in quanto la percezione dell’allievo è una pressione verso il basso. Se la muscolatura addominale del trasverso e degli obliqui non è debitamente in tensione a modo di formare una sorta di cintura elastica sostenitiva, la pressione del fiato sposterà le viscere verso il basso alterando la pressione costante del fiato verso l’alto e sotto le corde
L’azione del sostegno del fiato deve escludere il muscolo retto dell’addome, che può essere messo in azione pensando di spingere il diaframma in basso, perchè ha una azione sfinterica sulla laringe che determina una costrizione della gola con chiusura del vestibolo laringeo e conseguente eliminazione delle risonanze con emissione sicuramente efficace, ma forzata e poco risonante.
Durante l’emissione i muscoli obliqui continueranno la spinta del sacco viscerale verso l’alto coinvolgendo anche il bacino che continuerà l’azione di anteroversione agevolando l’appoggio del fiato nella parte posteriore della schiena e permettendo al diaframma di risalire più lentamente per effetto del mantenimento delle coste aperte.
Dunque l’APPOGGIO del fiato è una conseguenza del SOSTEGNO della muscolatura addominale e attraverso la pressione del polmone dal basso verso l’alto si crea l’equilibrio pneumofonico del fiato contro le corde vocali che, a glottide chiusa (la glottide è lo spazio fra le corde) creano un ostacolo alla fuoriuscita del fiato. La costanza della pressione del fiato creerà la vibrazione costante della mucosa delle corde vocali rendendo possibile una delle leggi portanti dell’eufonia nel canto lirico, la vibrazione costante della mucosa cordale dai 4 ai 7 cicli vibratori al secondo.
Il controllo del fiato dunque avviene per azione sinergica dei muscoli del SOSTEGNO, il trasverso e gli obliqui che spingono la massa viscerale verso l’alto mettendo in pressione il polmone; e dei muscoli del costato che si mantiene aperto e permette una più lenta risalita del diaframma creando l’appoggio del fiato verso le coste e lo sterno.
L’azione del trasverso è fondamentale anche in quanto permette il mantenimento della laringe in posizione abbassata attraverso la sinergia della catena muscolare senza interagire con la muscolatura estrinseca della laringe: in poche parole agevola l’apertura del vestibolo laringeo lasciando la laringe libera di risuonare.
Attuando una elastica ma decisa azione sinergica dei muscoli del tronco per la gestione dell’equilibrio pneumofonico si crea la libertà di risonanza delle cavità senza che la muscolatura laringea venga messa in azione sfinterica per la produzione del suono e lasci di conseguenza la voce risonare liberamente nelle cavità preposte che sono, come ricordiamo, quelle del vocal tract (lo spazio dalle corde alle labbra ad esclusione della cavità nasale) per la risonanza e il torace per la consonanza.
In conclusione la conoscenza biomeccanica e l’aspetto più intuitivo ed emotivo legato al talento personale possono e devono integrarsi per portare ad una gestione dell’atto artistico che si libera nell’interpretazione vocale e musicale non tralasciando la competenza e il controllo tecnico: la tecnica al servizio dell’emozione.
Ricordando le parole del grande Luciano Pavarotti: ”La partitura è una cosa, il canto un’altra, ciò che serve è avere la musica in testa e cantare con il corpo”.
Buon canto.
Si ringrazia la dottoressa Luisa De Falco del COR di Firenze per le ecografie e le risonanze magnetiche dinamiche
Laura Brioli