I miei piedi, assieme a quelli di un’altra quindicina di persone, si muovono ritmici, sul camminamento sterrato che fiancheggia un piccolo poggio, nell’antichissima faggeta della Riserva Naturale di Pietraporciana. Siamo in fila indiana. La persona che guida la fila, un percussionista e docente esperto di paesaggi sonori (soundscape), porta con sé dei microfoni con cui capta i vari rumori del bosco. Nelle nostre cuffie wireless, i suoni dell’ambiente naturale amplificati si mescolano al rumore dei nostri passi, tra le foglie secche sottostanti. A un certo punto, tra i rumori del bosco, fanno capolino il suono delle onde, della risacca del mare, quello dei gorghi profondi del mare del nord e, infine, dei vocalizzi in inglese su una base di musica elettronica. Il naturalista locale, su richiesta del nostro “mentore sonoro”, ci racconta di come, un tempo, i luoghi in cui ci troviamo fossero effettivamente coperti dalle acque. La mente, gli occhi e le orecchie viaggiano in una strana sinestesia spazio-temporale.
Questa e tante altre esperienze musicali e sonore compongono il mosaico del Cantiere Internazionale d’Arte, giunto quest’anno alla quarantottesima edizione, nello splendido borgo di Montepulciano e nei paesi vicini, immerso in un'atmosfera incantata tra vigne e colline dolci, tra il verde acceso della natura rigogliosa e il giallo dei campi di grano, di ceci e di trifoglio, a cavallo tra la Val d’Orcia e la Valdichiana.
Fondata nel 1976 dal compositore Hans Werner Henze, questa manifestazione artistica si è affermata nel corso del tempo come uno dei momenti più suggestivi nel panorama dell’educazione musicale in Italia. Ho la fortuna di seguirla ormai da una decina d’anni: ne ho osservato alcuni esiti e ho preso parte ad alcuni momenti preparatori. Esistono “festival” più famosi, come quello di Pesaro; ne esistono alcuni che producono più chiacchiericcio estivo in odor di marketing, tipo quello di Torre del Lago; e poi ci sono, sparse qua e là nella penisola, realtà che si preoccupano non solo della fruizione artistica o dei risultati commerciali, bensì di provare a fare quello che le scuole italiane non fanno come dovrebbero: dare un’educazione musicale al maggior numero di persone possibile (e, soprattutto, ai più giovani). Tra queste realtà, va posto senza alcun dubbio il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano.
Tra le eredità più belle dell’impegno sociale, politico e artistico di Henze, il Cantiere vanta alcune modalità di organizzazione e fruizione degli spettacoli all’avanguardia e che solo in questi anni, pian piano, si stanno facendo spazio altrove: gli incontri tra i professionisti che offrono gratuitamente o a compenso molto ridotto la propria partecipazione e i giovani che studiano musica, sia quelli del luogo che quelli provenienti da altri istituti di musica giovanili europei, in un’ottica ampia di dialogo e scambio; la “residenza artistica” che consente un lavoro di maggior respiro, con tempi più dilatati, fondamentali per un corretto lavoro educativo; il coinvolgimento attivo di un’ampia parte della cittadinanza, in varie modalità, non solo quella di “clienti paganti”; la condivisione orizzontale di spazi e tempi di lavoro. Tra i simboli di questa manifestazione, la mensa gratuita in comune: operatori, musicisti, artisti, giornalisti, tutti spalla a spalla sui tavoli della mensa, con il buon cibo cucinato dalle cuoche del luogo.
Rileggendo un articolo in cui presentai il Cantiere, otto anni fa, mi ritrovo a condividere ogni parola, come se l’avessi scritto oggi: «Fondando il Cantiere, nel 1976, Henze stabilì che avrebbe dovuto essere animato da uno spirito collaborativo e sciolto dalle consuete prassi retributive, che avrebbe coinvolto gli abitanti del luogo, spingendoli a partecipare non solo agli aspetti organizzativi, ma anche a quelli artistici, e che avrebbe visto all'opera insieme professionisti e non professionisti, in un incontro destinato a stimolare reciprocamente allo studio.»
Venendo all’edizione di quest’anno, ho preso parte agli eventi del primo fine settimana del Cantiere, quello del 15 e 16 luglio: ho partecipato a performance che spaziavano dalla musica classica all’educazione alla fruizione di un paesaggio sonoro, dal teatro alle percussioni, immergendomi in un vortice di sensazioni e scoperte.
Nell'intima atmosfera del Teatro Poliziano, ho assistito all'interpretazione di Bastiano e Bastiana, operina giovanile composta da Wolfgang Amadeus Mozart all’età di dodici anni. La magia del talento precocemente sbocciato e dello sfruttamento paterno risuonava nell'aria, mentre il giovane cast (quello che ci vuole, per un’opera del genere) ricreava sul palco l’ironicamente semplice storia d'amore. Promettenti le prove di Laura Zecchini nei panni di Bastiana, di Matteo Tavini in quelli di Bastiano e di Paolo Leonardi in quelli del consigliere/mago Cola. È stata un’esperienza decisamente interessante: da un lato, abbiamo goduto l’ascolto di un’opera di rara esecuzione con la gustosa direzione di Tito Ceccherini, dall’altro abbiamo potuto riflettere sull’evoluzione artistica di uno dei più grandi compositori della storia. Semplice, chiara e coinvolgente la regia di Luca Fusi, con scene e costumi curati da Carlo Sala e Roberta Monopoli e luci di Giulia Bandera.
Sono state poi la potenza e la precisione delle percussioni che mi hanno catturato nel suggestivo Cortile delle Carceri. In particolare, le mani, le bocche e i corpi dei percussionisti del Lugano Percussion Ensemble: ogni colpo dato alle pelli, ai legni, ai metalli o anche solo a un tavolaccio coperto da un panno ha trasportato il pubblico in un viaggio attraverso suoni ancestrali, creando un'atmosfera avvolgente e coinvolgente. Tanto che, nel corso degli applausi finali, si è improvvisata una jam session tra musicisti e pubblico a suon di battiti di mani.
Nel suggestivo Chiostro di Sant'Agnese, ho assistito a un concerto dal programma variegato, un viaggio attraverso diversi stili musicali e composizioni senza tempo. Tra le opere eseguite sotto la bacchetta di Alessio Tiezzi, spicca Il carnevale degli animali, la “Grande fantasia zoologica” di Camille Saint-Saëns che ha incantato il pubblico con la sua allegria e la sua musicalità pittorica e piacevolmente coinvolgente. Inoltre, un lavoro speciale composto appositamente da Danilo Comitini (classe 1986) per il Cantiere, Mélange de l’esprit, nuance du souffle, ha aggiunto un tocco contemporaneo, confermando il ruolo di questa manifestazione anche come promotrice di nuove creazioni e sperimentazioni artistiche.
In un panorama educativo e creativo musicale in continua evoluzione, eventi come il Cantiere Internazionale di Arte rivestono un ruolo fondamentale: costituiscono, infatti, un'opportunità unica per gli studenti e gli appassionati di apprendere da artisti di fama internazionale, condividendo tempo e spazi con loro. Attraverso workshop, conferenze e momenti di scambio eterogenei, i partecipanti hanno l'opportunità di ampliare le loro conoscenze e di arricchire la propria comprensione dell'arte e della musica.
Il quarantottesimo Cantiere Internazionale di Arte di Montepulciano ha confermato in pieno le sue promesse. Inoltre, l'incantevole connubio tra l'arte e la bellezza naturale di Montepulciano ha reso il Cantiere una celebrazione completa dell'ambiente, del cibo e dei pregiati vini locali. Speriamo che questo evento, con il suo spirito, continui a ispirare e influenzare il panorama artistico del territorio per molti anni a venire.