Daland | Stefan Cerny |
Senta | Anna Gabler |
Erik | Jason Kim |
Mary | Jasmin White |
Il timoniere | David Kerber |
L'Olandese | Josef Wagner |
Direttore | Ben Glassberg |
Regia | Aaron Stiehl |
Scene | Frank Philipp Schlößmann |
Costumi | Franziska Jacobsen |
Maestro del Coro | Holger Kristen |
Orchestra e Coro della Volksoper |
Alla Volksoper di Vienna Richard Wagner, viene eseguito con regolarità. Dai primi del ‘900 si contano più di 1000 recite di opere wagneriane. Se le inserizioni in cartellone di Rienzi si limitano a 5 l’Olandese volante compare 150 volte. Duecento recite ciascuno per Tannhäuser, Lohengrin e Maestri cantori, mentre la Tetralogia è meno frequente in quanto appannaggio della Staatsoper. Alla Wiener Staatsoper L’Olandese ha avuto la première il 27 gennaio 1871 e da allora ha contato 826 recite a tutto il 2013, un numero davvero importante.
La produzione dell’Olandese volante che abbiamo visto oggi alla Volksoper è una realizzazione del 2019, poco prima della pandemia, con la regia di Aron Stiehl che fra poco allestirà il Crepuscolo degli Dei a Klagenfurt dove è anche direttore artistico. Di recente ha allestito il Divieto d’amare di Wagner, e L’uccellatore di Zeller, La Valchiria e Il pipistrello.
L’Olandese è una opera molto ispirata, scritta nei primi anni ’40 e presentata nel 1843. La versione ascoltata questa sera è quella della revisione del 1860 con l’apoteosi al termine dell’ouverture e nel finale ultimo. Gli atti sono collegati l'uno all’altro, indissolubilmente e l’opera senza intervalli è durata 2 ore e un quarto. Questa coesione tra gli atti è fondamentale per far crescere la tensione drammatica in un unico arco. I personaggi vengono presentati consci del proprio destino, con una aura di importanza molto forte. Monumentali sono le figure dell’olandese e di Senta. Ad essi si contrappongono personaggi più “terreni” come Daland ed Erik.
Il cast ci è sembrato nel complesso abbastanza valido.
Josef Wagner appare come un'ombra durante la lunga sinfonia, i movimenti gli danno una aria quasi sacra e inviolabile. Uno spiraglio di salvezzagli appare quando gli viene comunicato che Daland ha una figlia: vuole quindi donare a quest ultimo tutte le sue immense ricchezze in cambio della figlia e nella speranza della redenzione. Magnifico il duetto con Senta, non un duetto d’amore, ma un duello tra titani, posti su un piano superiore, quasi divino che scrutano il proprio destino. Il canto di Josef Wagner è di un certo spessore ed evolve nel corso dei tre atti. Più oculato nel primo atto, il canto si espande sempre più nel duetto con Senta per poi trasfigurare nel terzo atto come espressione di un essere redento redento, quasi divino.
Anna Gabler ha alle spalle alcuni personaggi wagneriani ed altri straussiani. Quest’oggi la sua performance è stata bifronte: quando è impegnata a sollecitare il registro centrale tutto va per il meglio e la sua personalità emerge pienamente. E' un peccato che al termine di ogni suo pezzo chiuso, arie o duetti che siano, gli acuti da lei affrontati fossero tutti calanti causando la compromissione della sua performance.
Il basso profondo Stefan Cerny interpreta il padre Daland con grandi capacità e vigore. Disinvolto sulla scena, non vede l’ora di appropriarsi delle ricchezze e donare sua figlia al misterioso individuo. Nel primo e secondo atto gli è affidata una parte importante e abbiamo molto apprezzato la sua aria nel secondo atto prima del duetto “d’amore”.
Erik, il giovane innamorato di Senta, è impersonato dal bravo Jason Kim che non teme la scrittura particolarmente ostica della sua parte. Il canto è fermo e sicuro e dotato di particolare slancio. Fino alla fine dell’opera Erik mantiene la speranza di riconquistare Senta me le forze in gioco sono più forti di lui.
Mary è Jasmin White, membro del Opernstudios della Volksoper di Vienna. La sua prova più che positiva si concretizza ad inizio secondo atto mentre istruisce il coro femminile.
Valido anche David Kerber come timoniere di Daland, spesso in dialogo con il coro.
Discreta la scenografia di Frank Philipp Schlößmann che sfrutta il blu delle onde in tempesta per creare una “scatola” dove avviene tutta la vicenda. Durante la turbinosa ouverture l’olandese pare che si diriga lentamente verso l’infinito. Gli atti cambiano poco l’uno dall’altro con il coro sempre fisso e statico tra casse stilizzate e la “lezione di canto” tenuta da Mary al coro femminile invece che la scena della filatura. I costumi sono di Franziska Jacobsen, funzionali alla vicenda con i coristi maschili vestiti da marinai e pescatori. I protagonisti hanno indosso costumi con nuances sempre azzure, verdi o blu coerenti con la vicenda ambientata sul mare.
Il coro, sia maschile che femminile, empre piutttosto statico e poco coinvolto scenicamente, ha cantato però molto bene, con precisione e questo è molto importante. Un canto granitico e coeso in piena adesione con la poetica wagneriana.
Il direttore d’orchestra era Ben Glassberg e ha diretto l'orchestra molto saldamente. Le sonorità erano virulente e pastose, gli ottoni ben controllati, gli archi intonatissimi. Gli applausi a fine spettacolo parlavano chiaro sulla sua direzione.
Sebbene quindi lo spettacolo visivamente abbia offerto poco e fosse troppo statico, il cast vocale, coro e orchestra hanno dato lustro a questa potente opera che fa presagire gli sviluppi futuri nella carriera di Richard Wagner; un'opera che porta una aura di serietà alla Volksoper il cui repertorio è solitamente orientato a opere più leggere e divertenti. Il pubblico ha risposto con entusiasmo per una sala quasi esaurita.
La recensione si riferisce alla recita del 12 maggio 2023
Fabio Tranchida