Gualtiero | Jorge Navarro Colorado |
Griselda | Ann Hallenberg |
Costanza | Michela Antenucci |
Roberto | Antonio Giovannini |
Ottone | Kangmin Justin Kim |
Corrado | Rosa Bove |
Everardo, figlio di Gualtiero e Griselda | Alessandro Bortolozzo |
Direttore | Diego Fasolis |
Regia, scene e costumi | Gianluca Falaschi |
Light designer | Alessandro Carletti e Fabio Barettin |
Drammaturgo | Mattia Palma |
Orchestra del Teatro La Fenice | |
Basso continuo | Andrea Marchiol (cembalo) |
Fabiano Merlante (arciliuto e chitarra barocca) | |
Francesco Ferrarini (violoncello) | |
Riccardo Papa (fagotto barocco) |
Il Teatro Malibran ospita la prima ripresa veneziana in tempi moderni de La Griselda, quinto titolo del progetto di riscoperta delle opere di Vivaldi cominciato nel 2018 con Orlando furioso.
Le peripezie della virtuosa Griselda, la protagonista dell’ultima novella del Decameron di Boccaccio, sono state una feconda fonte d’ispirazione per molti compositori, soprattutto nei primi quarant’anni del Settecento. Tuttavia già dal periodo successivo al debutto dell’opera di Vivaldi (1735) l’interesse verso il soggetto inizia a scemare: saltuari sono gli adattamenti della novella nell’Ottocento, e la Grisélidis di Massenet (1901) più che a Boccaccio guarda agli adattamenti francesi coevi, figli della versione della novella elaborata secoli addietro da Charles Perrault.
Nelle note di regia, Gianluca Falaschi, che cura anche le scene e i costumi della produzione e si avvale dell'aiuto di Mattia Palma quale Dramaturg, pone giustamente l'accento sull'ambiente maschilista e tossico in cui Griselda vive, soggiogata dal marito padrone, insidiata dal pretendente Ottone e disprezzata dal popolo di Tessaglia per le sue umili origini. Buona la teoria, ed effettivamente venendo alla pratica Falaschi calca fin troppo la mano sulla cornice senza valorizzare appieno la protagonista: tanto gli uomini attorno a lei sono personaggi violenti e negativi, che eccedono in ogni sorta di nefandezze (molestie, violenze sessuali), quanto lei è inerte e sottomessa.
Questo funziona nella prima mezz'ora di spettacolo, per poi naufragare inesorabilmente verso le spiagge del déjà vu: inoltre, i singoli brani musicali sono zeppi di riempitivi che in alcuni casi risultano tra il gratuito e l'invadente (come il balletto forsennato dei figuranti in"Scocca dardi l'altero"), in altri rubano totalmente la scena ai solisti, lasciati impalati sul proscenio mentre dietro sembra svolgersi la "vera regia" dello spettacolo (come lo stupro di una mima durante l'aria di Roberto "Che legge tiranna”).
La regia inoltre interviene pesantemente sulla drammaturgia di Zeno/Goldoni, compromettendo la comprensione dello spettacolo: Griselda viene già mostrata come umiliata e sottoposta del marito che la fa lavorare come filatrice, mentre la figura del figlioletto Everardo appare brevemente a inizio spettacolo e ricompare solo nel finale.
Visivamente, la reggia di Tessaglia è un ambiente scarno e cementificato che ora funge da filanda, ora da discoteca, dietro le cui vetrate appare una foresta selvaggia in cui svolge la seconda metà dello spettacolo. Le luci di Fabio Barettin e Alessandro Carletti funzionano più in questo contesto boschivo che all'interno del palazzo reale.
Più accattivante il comparto musicale, sebbene non sempre uniforme e compatto.
Diego Fasolis tiene saldamente le redini della partitura e dell'Orchestra del Teatro La Fenice, risaltando i diversi colori e le diverse tinte delle arie: quelle del lascivo Ottone palpitano di un forte languore erotico, quelle della giovane Costanza di riflessive inquietudini adolescenziali. Alla buona resa musicale della serata contribuisce anche il dialogo con il continuo (Andrea Marchiol al cembalo, Fabiano Merlante all'arciliuto e alla chitarra barocca, Francesco Ferrarini al violoncello, Riccardo Papa al fagotto barocco).
Nonostante venga poco risaltata dalla regia, la Griselda di Ann Hallenberg si impone per la linea di canto impeccabile, il fraseggio curato e la sensibilità nel porgere delle frasi: suadente e ipnotica la messa di voce con cui cesella il breve ma affascinante arioso "Sonno, se pur sei sonno".
Meno incisivo il marito Gualtiero, Jorge Navarro Colorado, la cui prima aria sarebbe passata inosservata dal pubblico se il direttore non l'avesse esortato ad applaudire. Il tenore si riscatta parzialmente con una più curata e accorata esecuzione di "Tu vorresti col tuo pianto".
Splende la Costanza di Michela Antenucci, che costruisce un personaggio credibile nella sua crescita psicologica e vocale: se la celeberrima "Agitata da due venti" è risolta forse con troppa cautela, da manuale è l'ultima aria, "Ombre vane, ingiusti orrori", cantata con perizia.
Ad onta di un volume altalenante, Kangmin Justin Kim riesce a venire a capo alle asperità del ruolo di Ottone, grazie a un'estensione vocale ragguardevole, luminosa in acuto e abbastanza centrata nei gravi.
Antonio Giovannini è un Roberto efficacemente dolente, pur risentendo di alcune fioriture che suonano aspre e metalliche.
Rosa Bove si rivela un cinico e scanzonato Corrado, che la regia vuole complice delle umiliazioni su Griselda.
Il pubblico, dopo il rimprovero del direttore, dimostra più calore applaudendo al termine delle singole arie, scaldandosi man mano che lo spettacolo procede. Ai saluti finali, ovazioni per Kim, Antenucci, Hallenberg e Fasolis, mentre si registrano delle singole ma sonore contestazioni all'uscita del team creativo.
La recensione si riferisce alla recita di venerdì 29 aprile 2022.
Martino Pinali