Il Conte Bandiera | Omar Mancini |
La Contessa | Elisa Verzier |
Blasio | Askàr Lashkin |
Ernestina | Carolina Lippo |
Lumaca | Adolfo Corrado |
Carlotta | Anna Marshania |
Il Tenente | Joan Folqué |
Direttore | Nikolas Nägele |
Regia e coreografia | Jean Renshaw |
Scene e costumi | Christof Cremer |
Luci | Lorenzo Maletto |
Orchestra del Teatro Regio di Torino | |
Allestimento proveniente dal Theater an der Wien in der Kammeroper |
Mentre sono ancora vivi gli entusiasmi per l’Eurovision, al Teatro Regio di Torino è arrivata La scuola de’ gelosi di Antonio Salieri in un allestimento curato da Jean Renshaw per la regia e le coreografie e da Nikolas Nägele per la parte musicale. Grazie alla fortuna cinematografica di “Amadeus” e all’impegno di artisti come Riccardo Muti, Christophe Rousset e Cecilia Bartoli da alcuni anni assistiamo ad una Salieri renaissance che, doverosamente, sta recuperando il profilo artistico del compositore di Legnago facendo piazza pulita di luoghi comuni e storpiature che, per motivi diversi, hanno limitato sino ad oggi la valorizzazione del musicista.
La fortuna di Salieri, ancora circoscritta nei teatri, è particolarmente evidente dal punto di vista discografico con prime incisioni di titoli della vastissima produzione operistica (oltre quaranta lavori). Dopo quasi due secoli di oblio, proprio La scuola de’ gelosi, opera che conobbe celebrità e diffusione straordinarie all’epoca (en passant ricordiamo che fu singolarmente apprezzata da Goethe, intellettuale attento alla produzione musicale), è ultimamente oggetto di interesse nei teatri europei con rappresentazioni che ne hanno evidenziato il valore musicale e storico. Scritta su libretto di Caterino Mazzolà (nella seconda metà del diciottesimo secolo, autore apprezzato per il genere comico in area veneta e tedesca), l’opera debuttò a Venezia nelle ultime settimane del 1778 con un Salieri appena ventottenne e reduce dal successo dell’Europa riconosciuta con la quale aveva inaugurato - pochi mesi prima - il nuovo teatro alla Scala.
La freschezza della scrittura musicale – strutturata secondo i canoni dell’opera buffa – si adatta egregiamente con la snellezza e briosità del libretto e con una coinvolgente dinamicità dell’incedere narrativo. La trama procede tra intrighi amorosi e provocazioni di gelosia che coinvolgono personaggi e coppie di differente estrazione sociale: il conte Bandiera e la di lui consorte, il “biadaiuolo” Blasio e la moglie Ernestina, il servitore Lumaca e la “cameriera di locanda” Carlotta. Dietro l’apparenza del carattere tipico della commedia musicale – con situazioni drammaturgiche che profetizzano gli esiti inarrivabili della trilogia Mozart-Da Ponte – la partitura offre uno studio di carattere sul tema della gelosia i cui eccessi, così come la sua totale mancanza, sono rappresentati come malattia d’amore.
Il richiamo a Mozart e Da Ponte e, in particolare, al Così fan tutte o più correttamente alla Scuola degli amanti, non è casuale. Sappiamo infatti che in origine, sull’onda dello straordinario successo dell’opera di Salieri e con l’intento di proporre dopo la gelosia un approfondimento sul tema dell’amore, il libretto dell’ultimo capitolo della trilogia fu presentato prima al nostro e poi, solo dopo il suo rifiuto, passò a Mozart. In questo senso, sarebbe interessante che la programmazione di qualche teatro accostasse i due lavori in modo tale da offrire, nella sua completezza, una sorta di trattato sentimentale musicale dell’età dei lumi.
Lo spettacolo presentato al Regio proviene direttamente dal Theater an der Wien in der Kammeroper dove Sebastian Schwarz, allora direttore artistico, lo presentò nell’ambito di un interessante progetto specificatamente dedicato al compositore di Legnago. Per le cinque recite al Regio (l’opera arrivò a Torino nel 1780 al Carignano), si è scelta la versione, curata da Ingrid Schraffl. La partitura portata in scena non riproduce fedelmente la versione del 22 aprile 1783 ma, oltre alle quattro arie sostitutive scritte da Salieri su versi di Da Ponte (“Ah non siate ognor si facili” per il Tenente nel primo atto e, nel secondo, “Un pescatore mi apre amore” per Lumaca, “Ah sia già dei miei sospiri” per la Contessa e “Adagio…allor potrei” per Blasio), contiene altre due arie e un terzetto aggiunto; tutti brani eseguiti a Vienna nel periodo 1783–1786.
L’impostazione dello spettacolo ideata da Jean Renshaw risponde alla filosofia di quello che tutti conosciamo come teatro di regia tedesco e ha portato la vicenda in un contesto contemporaneo sintetizzando, con lo scenografo e costumista Christof Cremer, l’aspetto scenico su elementi essenziali. In questo caso un pannello girevole che crea una sorta di giostra delle porte per definire interni ed esterni. L’idea è divertente e funzionale ma l’impostazione scenica, nata per un ambito raccolto limitato qual è quello del Theater an der Wien, rischia di perdersi nell’ampiezza del palcoscenico del Regio.
Il lavoro di regia ha assecondato la briosità del testo e della musica con esiti però non sempre efficaci (come nel finale del primo atto nel manicomio alquanto confuso e nella “notte degli imbrogli” – anticipazione della conclusione delle Nozze di Figaro – che chiude l’opera). La decontestualizzazione ha infatti attenuato o eliminato elementi essenziali al senso della vicenda e che trovano una puntuale trasposizione musicale. Ci riferiamo, in particolare, alla cancellazione della differenziazione sociale dei protagonisti appena accennata – con esito però poco felice - con la commistione di abiti, piuttosto insipidi, anni Cinquanta del secolo scorso e Settecenteschi. Discutibile anche la frequente intrusione di elettrodomestici (aspirapolveri e assi da stiro con tanto di ferro) che trascinati sulla scena a sproposito finiscono per distogliere l’attenzione dell’ascoltatore dai preziosismi musicali della partitura di Salieri. Ignorate dal regista anche alcune situazioni topiche proprie del teatro veneziano dell’epoca: oltre alla già citata conclusione del primo atto nel manicomio, ci riferiamo, in particolare, alla scena della galleria dei quadri. Un rimando, invece, coerente alla commedia secentesca e settecentesca di area veneziana la presenza - non sempre discreta - di un agile e sinuoso ballerino - mimo.
Nikolas Nägele, già apprezzato a Torino un paio di anni fa nel Matrimonio segreto, ha guidato in modo agile e scattante, con buon senso del ritmo teatrale, l’ottima orchestra del Regio e una buona compagnia di voci. Elisa Verzier (la Contessa) e Adolfo Corrado (Lumaca) sono stati gli interpreti che, secondo la nostra modesta opinione, hanno svettato sul cast. La prima - già vincitrice del concorso AsLiCo - ha ben gratificato il ruolo maggiormente arduo dell’opera (impreziosito dalla magnifica aria del secondo atto “Ah sia già de’ miei sospiri”). Lo stile di canto del giovane soprano ci è piaciuto per nitidezza e fluidità di emissione ben conciliate con una consapevolezza interpretativa già pronta a cogliere la corda poetica e malinconica che caratterizza il temperamento emotivo e sentimentale della figura della Contessa (antesignana di un’altra - più celebre e successiva - Contessa mozartiana).
Adolfo Corrado ha mostrato di possedere una naturale disinvoltura e presenza scenica (frutto forse della sua formazione cinematografica) e un vigore vocale adatto al ruolo non privo di arguzia del servitore Lumaca. Il baritono Askàr Lashkin è stato elegantemente controllato nel temperamento geloso e collerico di Blasio e musicalmente ben rifinito; accanto a lui, Carolina Lippo una Ernestina vivace e simpatica. Ben caratterizzata anche la Carlotta del mezzo soprano Anna Marshania: voce piena e dal timbro caldo e rotondo. Omar Mancini ha interpretato con veridicità la parte del Conte, audace seduttore, interpretando con buon slancio pagine di ampio respiro come la magnifica aria “Chi può vedere oppresso” del primo atto.
Non pienamente a fuoco Joan Folqué nel ruolo del Tenente, figura significativa nell’economia della narrazione e anticipatrice di quello che sarà il personaggio di Don Alfonso in Così fan tutte. In una partitura che fonda la propria forza narrativa sul sapiente uso del recitativo, vivace e creativo nelle invenzioni l’accompagnamento al cembalo da parte di Jeon Un Kim. Il pubblico – non così numeroso alla sera della prima – ha tributato un caloroso consenso agli interpreti mostrando di aver apprezzato la partitura di Salieri. L’augurio è quello di ascoltare prossimamente al Regio opere di grande respiro del musicista di Legnago come Le Danaidi, Axur e Falstaff.
La recensione si riferisce alla prima del 17 Maggio 2022.
Lodovico Buscatti