Otello | Marco Berti |
Jago | Vladimir Stoyanov |
Cassio | Piotr Buszewski |
Roderigo | Francesco Pittari |
Lodovico | Alessio Cacciamani |
Montano | Alessio Verna |
Un araldo | Leo Paul Chiarot |
Desdemona | Vittoria Yeo |
Emilia | Irene Savignano |
Direttore | Daniel Oren |
Regia | Allex Aguillera |
Scene | Bruno de Lavenère |
Costumi | Françoise Raybaud Pace |
Luci | Laurent Castaingt |
Video | Etienne Guiol e Arnaud Pottier |
Maestro del coro | Ciro Visco |
Maestro del coro voci bianche | Alberto De Sanctis |
Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera di Roma | |
Coro di voci bianche del Teatro dell'Opera di Roma | |
Allestimento Opera di Monte-Carlo e Opera Nazionale Tbilisi |
A riprova della buona salute artistica del Teatro dell’Opera di Roma va senza dubbio tenuta in considerazione anche la presenza di cast alternativi generalmente di buon livello, che spesso consentono a giovani artisti di fare esperienza e farsi conoscere al pubblico della capitale. Ma non sempre le ciambelle riescono col buco e l’Otello di Verdi, come è noto, si tratta di una gatta da pelare piuttosto rognosa.
Secondo protagonista è il tenore Marco Berti, che vanta ormai una certa frequentazione con la parte del moro di Venezia, peraltro appena interpretata al teatro di Tbilisi proprio nello stesso allestimento coprodotto con Roma, ma non sembra essere il ruolo più adatto in questo momento della sua non breve carriera, iniziata ormai quasi 35 anni or sono. La voce è ancora sonora ma poco morbida, soprattutto in zona di passaggio. Durante la recita, la prima per il cast alternativo, si percepisce una certa tensione: nel primo atto, dopo lo scontro tra Cassio e Montano, Otello dovrebbe interrompere la rissa sparando in aria con un’arma da fuoco (di foggia cinquecentesca, i tradizionalisti possono stare tranquilli) che però in questa serata ha fatto, come si suol dire, cilecca. Questa mancanza imprevista è, forse, la causa dell’amnesia piuttosto clamorosa che fa saltare la frase di Otello “Abbasso le spade”. Il cantante procede circospetto e non appare a suo agio, ad esempio toccando e lasciando subito certi estremi acuti come in “Ora e per sempre addio” e anche le micce del duetto con Jago appaiono piuttosto bagnate. Bisogna riconoscergli il merito della tenuta e lo sforzo di colorare e fraseggiare con intenzione i momenti di ripiegamento su sé stesso del ruolo, come “Dio, mi potevi scagliar tutti i mali” o “Niun mi tema”.
Vittoria Yeo con la sua voce da soprano lirico si inserisce nella tradizione delle Desdemone angelicate e vittime degli eventi. Sembra risentire anche lei della situazione, sbagliando qualche parola nel duetto d’amore ma riprendendosi velocemente. Il timbro non risulta essere dei più personali e si percepisce una certa tensione nelle mezze voci da eseguire in zona medio-acuta. Trova il suo momento migliore nella grande scena del quarto atto, dove la linea di canto si fa più pulita e il fraseggio più intenso, anche se non strettamente personale, riuscendo inoltre a suscitare l’applauso del pubblico (ahimè, sulla musica).
La voce di Vladimir Stoyanov può aver perso qualcosa in termini di volume e di smalto timbrico nel corso di una carriera non breve ma il suo Jago risulta molto valido, con un senso del fraseggio e della parola di grande forza scenica, riuscendo a far venire fuori il carattere del vero responsabile di tutta la vicenda.
Anche Daniel Oren, che alla prima era stato autore di una direzione d’orchestra piuttosto affascinante e non priva di elementi spiccatamente personali, in questa occasione sembra più preoccupato a portare a casa la serata senza troppi danni e prestando attenzione a fare andare insieme buca e solisti. L’impressione generale è che ci siano state poche prove e che siano tutti piuttosto guardinghi per evitare che avvengano scollamenti come nel duetto d’amore del primo atto.
Le prestazioni degli altri elementi del cast e dei sempre ottimi artisti di coro e orchestra confermano le impressioni ricevute in occasione della prima, così come l’alternanza del cast non riesce a rendere davvero interessante l’allestimento, tantomeno in una serata dove a farla da padrona è la cautela.
Il pubblico comunque si dimostra comprensivo e al termine della recita tributa un successo più che cordiale a tutta la compagnia e al maestro Oren.
La recensione si riferisce alla recita del 5 giugno
Daniele Galleni