Uberto | Paolo Leonardi |
Serpina | Elena Salvatori |
Vespone | Sveva Pia Laterza |
Maestro al cembalo | Ludovico Falqui Massida |
Regia, scene e costumi | Roberto Magnani |
Ensemble strumentale del Conservatorio Giuseppe Verdi di Ravenna | |
Direttore Federico Ferri |
Esito di una collaborazione tra teatri e scuole presenti nella realtà di Ravenna, La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi è andata in scena al teatro Alighieri subito dopo il debutto al Galli di Rimini.
L’Ensemble strumentale del Conservatorio Giuseppe Verdi di Ravenna e l’Accademia di Belle Arti di Ravenna sono state chiamate per questo allestimento fondato sulla partecipazione di giovani artisti tra cui i protagonisti sul palco ed i compositori delle parti aggiunte Gabriel De Pace e Damiano Ferretti, usciti entrambi dal Conservatorio di Ravenna.
Da questo contesto è nato un allestimento scenico contemporaneo, ideato e diretto dal regista Roberto Magnani proveniente dal Teatro delle Albe, altra realtà ravennate di spessore internazionale.
La storia si immagina nella stanza di uno youtuber (Uberto) senza particolari pretese. Una proiezione sul boccascena simula lo schermo di un computer con le chat a destra e i link alla triade barocca dei nati nel 1685 a sinistra (Bach&Handel&ScarlattiDomenico) con l’aggiunta di Vivaldi, free lance. Poi le chat scorreranno, con molti fan di Serpentina, loro la chiamano così, prima in attesa e poi al commento con l’aggiunta di qualche gif molto carina, creata per l’occasione.
Sullo sfondo una proiezione accattivante e garbata opera degli studenti dell’Accademia anima un gatto e un geco davanti alla finestra che tutti vorremmo avere, con le lucine, le piante e gli scaffali dei libri.
Le aggiunte musicali sono due, anzi tre perché sono presenti entrambi i finali dell’intermezzo, quello previsto in origine, il duetto Contento tu sarai? e quello che in seguito divenne più consueto, Per te ho io nel core dal Flaminio, sempre di Pergolesi.
Il preludio composto da Gabriel De Pace, in prima esecuzione assoluta, ha innestato elementi contemporanei con basi elettroniche su temi dell’opera, fresco ed elegante. Il secondo contributo inedito, per mano di Damiano Ferretti su testo di Pierfrancesco Venturi, ha inserito un intermezzo nell’intermezzo. Ha un titolo, Il lazzo monitore, e dà voce a Vespone, nella fattispecie Vespona vestita da incursore, versione contemporanea del Capitan Tempesta e per questo donna e filosofa. La interpreta Sveva Pia Laterza sorprendente per la qualità del canto, l’attenzione al testo ed il bel timbro.
Meno convincenti i protagonisti. Paolo Leonardi, Uberto, latita come spessore vocale e anche come personaggio che non differisce molto da quanto ci ha trasmesso la tradizione. I recitativi non lasciano il segno, arie e duetti mancano di smalto. Elena Salvatori, Serpina, è monocorde, non passa per le sfumature e anche la voce, perfettamente intonata ma vagamente fissa e povera di armonici, non aiuta a costruire il personaggio. Forse l’eccesso di input si è sovrapposto alla resa scenica, ad esempio lo scorrere delle chat distoglieva l’attenzione, mentre i movimenti dei protagonisti non si allontanavano di molto dalla routine.
L’Orchestra del Conservatorio Verdi, diretta da Federico Ferri, è stata efficace sia nei contributi contemporanei che nel testo originale. Bel successo di pubblico, a teatro quasi esaurito.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 14 novembre 2023.
Daniela Goldoni