contralto | AnaÏs Bertrand |
tenore | Paco Garcia |
tenore | Martial Pauliat |
baritono | Igor Bouin |
direzione,chitarra barocca, tiorba e colascione | Vincent Dumestre |
violino | Camille Aubret |
flauto, fagotto | Isaure Lavergne |
cornetto | Adrien Mabire |
viola da gamba, chitarrino | Lucas Peres |
percussioni | Michèle Claude |
contrabbasso | Simon Guidicelli |
mimi | Stefano Amori, Julien Lubek, Désiré Lubek |
acrobati | Antoine Hélou, Rocco Le Flem, Max Spuhler, Victor Zachor, Quentin Bancel |
regia e coreografia | Cécile Roussat |
scene | François Destors |
costumi | Chantal Rousseau |
luci | Christophe Naillet |
Non è la prima volta che Vincent Dumestre stupisce con uno spettacolo teatrale. Ci ricordiamo ancora bene una messa in scena leggendaria de Le Bourgeois gentilhomme di Lully, inossidabile anche se ha già più di vent’anni. E nel mondo della musica barocca “rinata” vent’anni sono un tempo lunghissimo. Dumestre, già dalle origini del suo ensemble Le Poème Harmonique, si è dedicato alla ricerca e alla scoperta, oltre che al grande repertorio. In questo spettacolo, in cui si rievoca un Carnevale Romano del Seicento, compare ad esempio Giovanni Battista Fasolo, la cui identità è stata a lungo incerta e forse ancora non del tutto confermata. È un autore su cui Le Pohème Harmonique lavora da sempre, come testimonia un fortunato cd alpha classics, tra i primi pubblicati dalla benemerita casa francese. Con il Fasolo altre star dell’epoca, come Giovanni Gerolamo Kapsberger e Claudio Monteverdi, presente ma contraffatto.
Su un palcoscenico spoglio troviamo un’orchestrina di sette elementi posta di lato. Nella parte vuota presto si scatenerà un crescendo di prodigi. Mentre la band (ha uno spirito rock) suona impassibile, in scena si presentano i cantanti (quattro), i mimi (tre) e gli acrobati (cinque). Presto i ruoli si confonderanno perché i cantanti sono anche un po’ acrobati e molto mimi, i mimi sono degli atleti e pazzeschi e per gli acrobati non ci sono parole. Si pensa solo che razza di training devono aver fatto per essere contemporaneamente danzatori, giocolieri, acrobati, clown, trapezisti, fenomeni della pertica, antipodisti e musicisti perché non solo fanno tutto a tempo, ma ogni tanto suonano. Si nota subito che la parte circense si rifà all’iconografia del tempo. Senza mai cadere nei tableaux vivants, che hanno il difetto di stare fermi, vengono alla mente tanti quadri, disegni e affreschi che documentano i giochi di destrezza e di forza dell’epoca. Si ricrea anche lo stile della commedia dell’arte con un piccolo teatrino volante in cui si rappresenterà Il lamento del Naso, parodia del Lamento della Ninfa di Monteverdi, esilarante e cantato molto bene, un fulmine a ciel sereno perché inatteso. Un lunga session su un tema di Kapsberger darà modo agli strumentisti di esibirsi in assoli e improvvisazioni come previsto nelle migliori band, mentre mimi e acrobati prendono mille iniziative, quasi tutte senza i piedi per terra, in silenzio, come se fossero senza peso. Poi si mangia e si beve su tavole magiche, si dimostra quante cose si possono combinare con le cassette della frutta, ma anche con le assi, con gli attrezzi per spegnere le candele monopolio dei sacrestani, con un serpente finto e le clavette, un classico rivisitato con applicazioni innovative.
Lo spettacolo parte con calma, poi, una prodezza dopo l’altra, cresce incessante fino a un finale glorioso, accolto da ovazioni. La musica rende vivi gli eventi e di essi si alimenta, in uno scambio mirabile che ha inchiodato il pubblico (tutto esaurito) fino ai ringraziamenti, uno show nello show.
Cécile Roussat, regista e scenografa, ha unito al genio la cura per i particolari, la sensibilità alla musica, la misura, l’abbondanza che non sfora nell’eccesso. I componenti de Le Poème Harmonique vanno citati uno per uno perché ciascuno ha lasciato il segno: Camille Aubret al violino, Isaure Lavergne al flauto e al fagotto, Adrien Mabire al cornetto, Lucas Peres alla viola da gamba e al chitarrino, Michèle Claude alle percussioni, Simon Guidicelli al contrabbasso e il frontman, Vincent Dumestre, alla chitarra barocca, tiorba e colascione. Nell’ora e mezza di spettacolo hanno sciorinato tutti i riff e i ground del repertorio secentesco, un’antologia magistrale. I cantanti non sono stati da meno: AnaÏs Bertrand, contralto in vista nel celebre Lamento di Madama Lucia, Paco Garcia, tenore, Martial Paulat, tenore e Igor Bouin, baritono, irresistibili nel terzetto che accompagna Il Lamento del Naso di Monteverdi.
Il pubblico, con numerosi applausi a scena aperta, ha reso onore a uno spettacolo memorabile, con numerose chiamate e nessun desiderio di lasciare la sala.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 4 giugno 2024.
Daniela Goldoni