Direttore | Daniele Giorgi |
Pianista | Alexander Lonquich |
Orchestra Leonore | |
Programma | |
Robert Schumann | Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 54 |
Antonin Dvorák | Sinfonia n. 7 in re minore op. 70 B 141 |
Inaugurazione della Stagione sinfonica 2023-2024 in grande stile al Teatro Manzoni di Pistoia, con l'Orchestra Leonore, il suo direttore Daniele Giorgi ed il pianista tedesco Alexander Lonquich. Si è trattato di una bellissima serata di musica, gratificata da un grande successo del pubblico piuttosto folto accorso al Teatro Manzoni.
Il Concerto per pianoforte e orchestra op. 54 di Robert Schumann risale agli anni 1841- 45: lo straordinario equilibrio fra parte solistica e parte orchestrale che crea un dialogo di enorme bellezza, la profusione di idee e la ricercatezza strumentale ne fanno quasi un unicum nella letteratura per strumento e orchestra. Si tratta di una composizione amatissima dal pubblico e dagli esecutori, a partire dalla prima interprete, che fu Clara Wieck nel gennaio 1846 (dirigeva Felix Mendelssohn).
Alexander Lonquich l'affronta con una certa grinta nel primo movimento Allegro affettuoso, che però risulta un po' frammentario e non perfettamente in linea con l'esecuzione della parte orchestrale. Piu attento e meditato l'accompagnamento del secondo tempo Intermezzo, andantino grazioso, nel quale sia il direttore sia il solista trovano migliore intesa. Quest'ultimo inoltre esibisce una bella tavolozza di colori, pure se la pagina viene risolta con una certa freddezza emozionale. Più scorrevole l'Allegro vivace finale, con il fitto dialogo solista-orchestra risolto in maniera piuttosto brillante, ma con qualche pesantezza orchestrale di troppo. Nel complesso una lettura interessante e molto coinvolgente che ha ottenuto un grande successo da parte del pubblico.
Una curiosità, il clarinettista era in questa occasione Thomas Lonquich, figlio di Alexander, ed è stato emozionante sentire il passarsi delle frasi musicali e delle melodie dall'uno all'altro, quasi un passaggio di testimone tra due generazioni.
La Sinfonia n. 7 di Antonín Dvořák risale agli anni 1884-85, a parte alcune successive modifiche. L'ispirazione e i modelli (Beehoven e Brahms) ne fanno una delle più sentite ed emozionanti del compositore nato nel 1841, anche se surclassata nell'apprezzamento del pubblico dalla più immediata e ”facile” Sinfonia “dal Nuovo Mondo”. In realtà si tratta di una composizione matura scritta dopo i quarant'anni di età, la più brahmsiana del Maestro boemo, che viene affrontata da Daniele Giorgi in maniera abbastanza vitalistica, anche se il direttore sembra “lasciar suonare” gli ottimi orchestrali che in certi momenti sembrano quasi non aver bisogno di un direttore, tanto sono bravi.
Lo straordinario lirismo del secondo movimento Poco adagio appare equilibrato e coinvolgente, con in evidenza i bei colori della varie sezioni orchestrali. Un po' più prevedibili e disuguali gli altri tempi pur all'interno di una lettura di indubbia attendibilità, mentre dobbiamo lodare l'efficientissima Orchestra Leonore formata da giovani entusiasti strumentisti provenienti dalle più diverse realtà musicali (segnaliamo ad esempio - senza voler far torto a nessuno - la fagottista Alejandra Rojas, prima parte nell'Orchestra del Maggio), che partecipa alla serata con evidente coinvolgimento e bravura.
Successo molto caloroso per tutti, con due bis da parte del pianista Lonquich (Brahms e Schumann).
La recensione si riferisce al concerto del 28 ottobre 2023.
Fabio Bardelli