Violino | Gennaro Cardaropoli |
Direttore | Alessandro Bonato |
Orchestra I Pomeriggi Musicali | |
Programma | |
Wolfgang Amadeus Mozart | Concerto per violino e orchestra n. 5 in La maggiore KV 219 Serenata n. 10 in Si bemolle maggiore KV 361 "Gran Partita" |
I Pomeriggi Musicali, – ospitati come di consueto dal Teatro dal Verme – offrono proposte che meriterebbero più attenzione da parte del pubblico, specialmente se sono interessanti come il binomio Alessandro Bonato e Gennaro Cardaropoli, direttore il primo e violinista il secondo, due dei giovani musicisti più “sorvegliati” dalla critica nei rispettivi ambiti. Interessante anche il programma proposto: non è strano e men che meno raro, ma sicuramente è inconsueto sia per l’abbinamento sia per la presenza stessa della Gran Partita, tanto amata quanto poco domestica nei nostri teatri.
Sin dal primo movimento del concerto per violino si percepiscono nettamente due aspetti, ossia l’ottima intesa fra direttore e solista e la felice affinità del solista con la forma mentis di un concerto classico. Cardaropoli ha un bel fraseggio, pulito come Mozart comanda, e si pone nel giusto equilibrio di solista/contraltare all’orchestra dotato di una verve fresca e classicamente appassionata allo stesso tempo; oculate le cadenze che, nonostante vengano distribuite con generosità, non sono mai di una lunghezza inadeguata. Nonostante sia forse più noto per interpretazioni del repertorio romantico, su quella lama di rasoio che è Mozart ha dimostrato una sensibilità classica non comune e un controllo tecnico che fanno supporre la possibilità di aspettarci grandi cose da lui anche in questo contesto. La direzione di Bonato è molto pulita, dal gesto chiaro e con una buona scelta per quel che concerne i tempi: il direttore ha sempre tutto sotto controllo e riesce comunque a garantire la giusta autonomia al solista. A tutto questo l’orchestra reagisce bene, c’è un po’ di legnosità nell’Allegro iniziale ma in ogni caso gli strumentisti dei Pomeriggi si dimostrano all’altezza della prova riuscendo a tirar fuori colori interessanti e turcherie gustose.
Al termine della prima parte Cardaropoli ha proposto un apprezzatissimo Nel cor più non mi sento di Niccolò Paganini, dove ha potuto fare sfoggio di una tecnica solida che comunque non prevale mai sul gusto musicale.
Rispetto al concerto, notevolmente più eseguito e comunque di repertorio, la Gran Partita è un terreno più arduo in cui cimentarsi e qualche scricchiolio di fondo si sente. Intendiamoci, non si tratta di errori che inficiano realmente l’esecuzione, ma visto che si gioca ad alto livello una maggior cura al dettaglio da parte degli strumentisti sarebbe stato un quid in più. Bonato dimostra la massima fedeltà a Mozart decidendo di eseguire la partitura come è scritta e cioè con tutti i ritornelli e i da capo (posso avere un amen?), esponendo la complessa architettura della serenata; volendo insistere sulla questione dello stile poteva essere interessante saltare definitivamente il fosso e proporre come da prassi i ritornelli variati. Il punto di forza della lettura di Bonato è però uno scavo veramente approfondito del testo, del quale pone in evidenza aspetti che purtroppo non sempre vengono fatti emergere: il trattamento mutevole degli strumenti, ora sfondo ora voci, il diverso peso di ogni entrata, le fitte trame contrappuntistiche cui viene conferita una grande levità, il tutto mantenuto in uno straordinario equilibrio. A costo di ripetersi, vale la pena sottolineare come non sia frequente un’operazione di questo genere anche in contesti maggiori.
C’è solo da augurarsi che entrambi i musicisti proseguano sulla via che hanno ampiamente dimostrato di aver intrapreso.
Luca Fialdini