Evangelista | Nick Pritchard |
Soprano | Hilary Cronin |
Soprano | Alison Ponsford-Hill |
Contralto | Hugh Cutting |
Tenore | Jonathan Hanley |
Basso | Frederick Long |
Basso | Christopher Webb |
Basso | Dingle Yandell |
Monteverdi Choir & English Baroque Soloists | |
John Eliot Gardiner |
Il 50% dell’Oratorio di Natale BWV 248 di Johann Sebastian Bach è andato in scena alla Scala a ridosso delle feste, e non era un Black Friday. Del restante non c’è traccia, non arriveremo mai ai Re Magi. Era troppo lungo? Costava troppo? Stancava il pubblico più delicato? Finivano i tram? Chissà qual è stata la buona ragione per troncare un’opera che, seppure strutturata in sei cantate, è nata come unitaria. Se è vero che Bach riutilizzò per questo oratorio ampie parti tratte due opere profane, Lasst uns sorgen, lasst uns wachen BWV 213 scritto per il genetliaco di Friedrich Christian di Sassonia e Tönet, ihr Pauken! Erschallet, Trompeten! BWV 214 per il genetliaco di Maria Josepha regina di Polonia, è anche vero che corali, recitativi, turbae e diversi numeri musicali sono stati scritti appositamente. Dispiace questa privazione soprattutto perché il punto di vista di John Eliot Gardiner meritava di essere considerato fino in fondo, non per caso è un interprete bachiano di riferimento.
Con la consueta antiretorica, ha proposto il clamoroso coro di apertura Jauchzet, frohlocket, auf, preiset die Tage! senza forzare gli effetti speciali di trombe e timpani, presenti ma non prevalenti, lasciando respirare gli strumenti che hanno rivelato con nettezza tutte le linee orchestrali insieme al coro, scintillante senza strabordare. Come sempre impeccabile e padrone di un suono inimitabile per chiarezza e calore, il Monteverdi Choir è un grande collettivo di cantori/attori che entrano nel racconto con affetti e intenzioni che vanno al di là dell’ottima esecuzione. Per loro e con loro Gardiner ha fatto un lavoro eccellente sui corali cercando per ognuno colori e atmosfere ben distinte, dimostrando che la loro semplicità (dovevano poter essere cantati dai fedeli presenti alla liturgia) è solo apparente e non confligge con la bellezza. La cifra interpretativa di questa performance sembra proprio consistere nella cura del tessuto connettivo formato da recitativi e corali che porta ad una compattezza capace di tenere salda l’attenzione. Memorabili anche le turbae, Die Engel: Ehre sei Gott in der Höhe che accompagna l’arrivo degli angeli e Die hirten: Lasset uns nun gehen gen Betlehem, con l’orchestra che corre a perdifiato assieme ai pastori, spettacolare.
I solisti provengono tutti dalle fila del coro, e sono eccellenti, accompagnati da strumenti concertanti impagabili. In particolare contraltista High Cutting ha intonato la famosa ninna nanna Schlafe, mein Liebster con dolcezza disarmante, con un tappeto di archi e flauto soave capaci di una ripresa di grazia impalpabile che culla serenamente il sonno del bimbo. Accolto con ovazioni, meritate. Di grande effetto anche l’aria del basso Grosser Herr, o starker König con l’intera orchestra e tromba concertante in risalto, assertiva e ricca di swing, del resto si tessono le lodi del Signore Re e Salvatore. Resta nella memoria anche l’aria del tenore Frohe Hirten, eilt, ach eilet, con flauto concertante e continuo su pizzicato di violoncelli e contrabbassi.
L’orchestra, a grande maggioranza femminile, sviluppa in ogni momento una cifra sonora che dà senso e umanità alla grande creazione bachiana, sia quando in simbiosi con il coro forma un unico corpo, che quando, frazionata tra agli strumenti concertanti e il continuo, dà personalità e spessore alle arie. In particolare il continuo, di rara discrezione, è però sempre concreto e distinguibile con un clavicembalo talmente espressivo che potrebbe vivere di vita propria. Il loro Bach parla sempre con proprietà, senza bisogno di effetti speciali.
Il teatro, strapieno, ha accolto con entusiasmo tutti gli interpreti con applausi infiniti, al centro Gardiner, maestro di cerimonie, che con gesti regali chiamava solisti, prime parti e intere sezioni, provocando l’entusiasmo del pubblico e il sollievo di due giovani violiniste di fila che, raggianti, si sono abbracciate.
La recensione si riferisce al concerto del 3 dicembre 2022.
Daniela Goldoni