Direttore | Myung-Whun Chung |
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia |
La nomina a gennaio dei nuovi direttori artistico e musicale di Macerata Opera, rispettivamente Paolo Pinamonti e Donato Renzetti, è troppo ravvicinata per poter esprimere un giudizio compiuto sul programma di quest’anno, anche considerando che due titoli operistici su tre sono un recupero di quanto originariamente previsto per il 2020 e per il 2021 con i programmi poi rivoluzionati causa Covid. Qualche valutazione a festival appena avviata è però già possibile farla, nel bene e nel male: nel male di una programmazione con date parecchio distanti fra loro e senza “incastri” per seguire le tre opere in sere consecutive, ma nel bene del ritorno dopo tempo immemore della musica sinfonica allo Sferisterio, con grandi nomi e compagini di prestigio.
Il festeggiatissimo Zubin Mehta con i “suoi” complessi del Maggio Musicale Fiorentino ha giocoforza attirato una più ricca cornice di pubblico nella serata inaugurale del 19 luglio, anche per la più schietta popolarità della Nona Sinfonia di Beethoven. Pubblico invece meno presente alla serata che qui si recensisce, con parecchi posti vuoti nei settori laterali e sui palchi: nondimeno è stata una serata musicalmente eccezionale. Non è cosa frequente ascoltare in sequenza la Sesta e la Settima, stante la differenziazione fonica e metrica che deve risaltare fra le due composizioni oltretutto create a tre anni di distanza l’una dall’altra, ma Myung-Whun Chung ha offerto una lettura che fa risaltare le necessarie differenze nel quadro di un’interpretazione unitaria di larghissimo respiro, con un gesto largo e allo stesso tempo capace di ripiegarsi su piccoli tocchi perfettamente seguiti da un’orchestra che, per quanto abbiamo potuto sentire, non sembra avere rivali in Italia e non solo nel grande repertorio sinfonico. Il programmatico respiro bucolico delle Sesta, espresso da Beethoven nell’articolato sottotitolo “Sinfonia pastorale o Ricordi della vita in campagna: più espressione di sentimenti che pittura sonora”, viene reso da Chung e dall’orchestra con suoni morbidissimi e legati, che nel secondo movimento si stemperano sotto gli interventi contrappuntati di flauto e clarinetto (magnifica la prova dei solisti Adriana Ferreira e Alessandro Carbonare) che sembrano quasi spegnersi ma realizzando con gli archi un equilibrio sonoro di suprema bellezza. Culmine dell’interpretazione è stato il “Temporale” del quarto movimento, per il quale l’ascolto non rende percettivamente il fenomeno atmosferico ma in modo più coloristico un quadro paesaggistico che il temporale sembra raffigurarlo in una campagna inglese di primo ottocento, alla maniera di John Constable o William Turner.
Dopo la pausa, ancora sullo spegnersi degli applausi al suo rientro Chung dà l’attacco della Settima, e il fraseggio orchestrale si percepisce da subito più imperioso, le sonorità più ampie ma sempre in grado di ripiegarsi in una intimità di fondo che, come detto, costituisce la cifra stilistica dell’esecuzione. I celebri richiami di flauti e oboi si fanno quasi impercettibili, per unirsi poi alle altre sezioni un crescendo che non arriva però mai a deflagrare in sonorità roboanti.
Tutto scorre con grande limpidezza per arrivare all’Allegro con brio finale, dove il gesto di Chung si fa più marcato e l’orchestra risponde con il virtuosismo degli archi che scandiscono il ritmo con una luminosità di suono impressionante, mentre i corni si stagliano come un’eco che avvolge l’intera arena (effetti tipici dell’acustica dello Sferisterio, che possono risultare più o meno gradevoli e che in questo caso, a modesto parere di chi scrive, ci stavano benissimo). Applausi scroscianti al termine dell’esecuzione per una serata veramente da ricordare.
Prossimi appuntamenti sinfonici il 30 luglio, con Donato Renzetti che dirige la Filarmonica Rossini in un variegato programma novecentesco, e il 4 e 6 agosto con Jan Lisiecki nella doppia veste di pianista e direttore, ancora con la Filarmonica Rossini e ancora con Betthoven nei cinque concerti per pianoforte e orchestra.
La recensione si riferisce allo sòettacolo del 21 luglio 2022
Domenico Ciccone