Adagetto in fa maggiore SC51 per orchestra piccola (1881-83) | |
Scherzo per archi SC56 (1883) | |
Preludio a orchestra SC1 (1876) | |
SUOR ANGELICA "Amici fiori" (1918) Afag Abbasova, soprano | |
"Ad una morta" SC41 (1883) Nicola Alaimo, baritono | |
GIANNI SCHICCHI | |
Gianni Schicchi | Nicola Alaimo |
Lauretta | Benedetta Torre |
Zita | Anna Maria Chiuri |
Rinuccio | Wang Chuan |
Gherardo | Lorenzo Martelli |
Nella | Anna Maria Sarra |
Gerardino | Walter Zecca |
Betto di Signa | Antonino Giacobbe |
Simone | Giacomo Prestia |
Marco | Nicola Farnesi |
La Ciesca | Donatella De Luca |
Maestro Spinelloccio | Andrea Porta |
Ser Amantio di Nicolao | Andrea Porta |
Pinellino | Han Xing |
Guccio | Alan Freiles Magnatta |
Direttore | Iván Fischer |
Regia | Grischa Asadaroff |
Budapest Festival Orchestra | |
In forma semiscenica |
Nell’ambito delle Celebrazioni Pucciniane organizzate per il centenario della morte di Giacomo Puccini ha avuto luogo l’11 novembre scorso al Teatro del Giglio di Lucca un’applaudita serata che vedeva in programma nella prima parte tre brani strumentali del giovane Giacomo Puccini, l’aria dei fiori dalla Suor Angelica e “Ad una morta”, lirica per baritono e orchestra. Seguiva, dopo un intervallo, Gianni Schicchi in forma semiscenica.
Si iniziava con l’Adagetto in fa maggiore SC5, un breve brano orchestrale composto tra il 1881 e il 1883, che anticipa qualche spunto dell’aria di Fidelia dal terzo atto di Edgar “Addio mio dolce amor”. Nello Scherzo per archi SC56 del 1883 si odono suggerimenti che ritroveremo nelle Villi e in Manon Lescaut, mentre il Preludio a Orchestra SC1 del 1876, è la prima composizione pucciniana di cui possiamo conoscere la datazione esatta.
Seguiva la cosiddetta Aria dei fiori da Suor Angelica, brano che Puccini era stato costretto ad eliminare contro la sua stessa volontà. Il brano, presente alla “prima” newyorkese, scomparve già alla prima rappresentazione italiana del 1919, al Costanzi di Roma, sotto la direzione di Gino Marinuzzi. Sembra che al debutto scaligero il passo venisse eseguito, per poi essere soppresso nelle repliche. Afferma Alfredo Mandelli: “L’aria dei fiori è una specie di immobilità estatica, distaccata, dove una linea di canto scarna e contenuta si integra con arpeggi dissonanti ripetuti, in un clima di modalità gregoriana, tutt’altro che naturalista, addirittura estraniante; detto in termini volgari era troppo “moderna””. Per riascoltarla si dovette aspettare il Trittico bolognese del novembre e dicembre 1993 diretto da Riccardo Chailly. Se l’esecuzione lucchese sapeva rendere in modo esemplare le diafane trasparenze della scrittura orchestrale non altrettanto poteva dirsi del soprano solista, una Afag Abbasova poco più che modesta.
La lirica “Ad una morta” SC 41 per baritono ed orchestra, del 1883 su testo di Antonio Ghislanzoni, preannuncia temi che riappariranno nelle Villi, in Edgar e nel Capriccio Sinfonico.
Il pezzo forte della serata era però un Gianni Schicchi perfettamente bilanciato in tutte le sue componenti, ironico, a momenti travolgente senza mai strafare, tenero nei momenti più lirici. Iván Fischer, alla guida della magnifica Budapest Festival Orchestra, dava una lettura scattante, irruente, eppure fluida, fresca, ricchissima di dettagli.
Protagonista impareggiabile era Nicola Alaimo, anche esecutore nella prima parte dei palpiti crepuscolari di “Ad una morta”. La voce, complice anche l’acustica generosa del Teatro del Giglio, si espande con grande ricchezza. Ma se il volume è debordante, altrettanto ragguardevoli sono la sottigliezza del fraseggio, la capacità di addolcire il suono (vedi l’Addio a Firenze), la dizione. A quest’ultimo proposito il baritono siciliano non ricerca mai la facile benevolenza del pubblico ostentando un accento toscaneggiante, che il più delle volte risulta falso come una banconota da tre euro; ma dispensa invece accenti scolpiti, variegati. E l’attore è impagabile e sa sfruttare l’innata simpatia che emana con un dominio del palcoscenico esemplare.
Autorevoli i “veterani”: Giacomo Prestia (Simone), rilevante sia vocalmente che come attore, e Anna Maria Chiuri, carismatica Zita. Benedetta Torre prestava la sua fresca voce e la grazia della figura a Lauretta, che si sarebbe solo desiderata un poco più morbida.
Il tenore cinese Wang Chuan era un Rinuccio dal timbro non particolarmente accattivante, ma si segnalava per l’estrema musicalità e la sicurezza nelle scalate al registro acuto. Bene anche il resto del cast, con una particolare menzione di merito per il Betto di Signa di Antonino Giacobbe e per il Marco di Nicola Farnesi. Spassoso per la mimica il Gherardo di Roberto Martelli e spigliate e sicure Anna Maria Sarra (Nella) e Donatella De Luca (La Ciesca).
Completavano il cast Andrea Porta (Maestro Spinelloccio e debordante Ser Amantio di Nicolao in versione sicula), Han Xing (Pinellino), Alan Freiles Magnatta (Guccio) e Walter Zecca (Gherardino).
La versione semiscenica era gravemente limitata dalle dimensioni del palcoscenico che ospitava anche l’orchestra. Poche suppellettili e spazio limitatissimo per i movimenti scenici, La regia di Grischa Asagaroff aveva poco modo di emergere e si gingillava in un’onesta routine.
Al termine successo caldissimo per tutti, addirittura con richieste di bis, e ovazioni per Nicola Alaimo, Iván Fischer e per l’orchestra.
La recensione si riferisce alla recita dell’11 novembre 2023.
Silvano Capecchi