Pianista | Mikhail Pletnev |
Programma | |
Johannes Brahms | Rapsodia n. 1 in si minore op. 79 |
Antonín Dvořák |
Minuetto in la bemolle maggiore op. 28 n. 1 Da Sei pezzi op. 52: nn. 4, 5, 6 |
Johannes Brahms | Intermezzo in mi bemolle maggiore op. 118 n. 6 |
Antonín Dvořák |
Da Humoresques op. 101: nn. 7, 6, 4 Humoresque in fa diesis maggiore B. 138 Egloga in sol maggiore B. 103 n. 3 |
Johannes Brahms | Tre Intermezzi op. 117 |
Antonín Dvořák |
Egloga in mi maggiore B. 103 n. 4 Moderato in la maggiore B. 116 |
Johannes Brahms | Ballata in sol minore op. 118 n. 3 |
Antonín Dvořák | Dai Quadri poetici op. 85: nn. 3, 6, 9, 10, 11, 12, 13 |
Trovare un fil rouge nel programma che Mikhail Pletnev sta portando in tournée di questi tempi e che approda anche alla Sala Mehta (al Teatro della Pergola, sua sede naturale in quanto l'organizzazione è degli Amici della Musica, sono in ritardo i lavori di adeguamento e ristrutturazione) non è facile, ma forse non serve. L'alternanza di composizioni di Brahms e Dvořák (in sé non famosissime a parte rare eccezioni) non sembra voler istituire un confronto fra i due musicisti, anche se le pagine di Dvořák appaiono più sorgive e armonicamente semplici, meno pensate. L'impressione è che la locandina sia impaginata dal celebre pianista russo per gettare uno sguardo su se stesso e sul proprio pianismo, più che per rapportarsi con il pubblico e men che meno per blandirlo. Ne consegue un mettersi a nudo con un percorso personale meditato e chiarissimo per lui, forse non altrettanto per lo spettatore, che può solo lasciarsi andare ad un insieme di suggestioni e agganci, tanto più che i brani in locandina vengono eseguiti di seguito, divisi in due grandi blocchi sonori, senza pause o applausi tra di loro.
Contrariamente alle convenzioni del concerto abbiamo un programma senza “pezzo forte”, che viene generalmente posto alla fine della prima parte, o che occupa interamente la seconda. Forse si può considerare “pezzo forte” l'esecuzione completa dei Tre intermezzi op. 117 di Brahms piazzati ad apertura della seconda parte del concerto, ma giudicare il programma da ciò porterebbe fuori strada. Invece sottili e precisi sono i legami che giustificano per Pletnev questa locandina.
Il pianista, nato ad Arkhangelsk nel 1957, entra dimesso sul palcoscenico forse con un'aria un po' meno funerea del solito, si volge intorno osservando la sala, prova alcune note sulla tastiera probabilmente per valutare l'acustica in presenza del pubblico, e attacca la Rapsodia op. 79 di Brahms. I brani (quasi tutti di piccole o medie dimensioni) sono sequenziali per atmosfera, o per contrasto, o per tonalità, e sotto le sue dita scorrono gratificati da un pianismo sensibilissimo, ispirato, per niente plateale. Le pagine sembrano acquisire profondità e senso dalla dimensione privata che il pianista raggiunge, quasi ignorando il pubblico attentissimo della Sala Mehta, come se noi spettatori stessimo origliando Pletnev che dialoga con se stesso nel suo studio sciorinando i suoi innumerevoli piani sonori.
Colpiscono l'attenzione al dettaglio, la bellezza assoluta del tocco e delle infinte sottigliezze timbriche, il suono perlaceo che il pianista trae dallo splendido strumento usato, e ciò ancor prima del fraseggio vario o della profondità tutta interiore. La bellezza del suono non è né algida né troppo manierata come fosse uno sterile esercizio di bravura, semmai funzionale in qualche caso ad un intento meramente descrittivo, in altri casi sembra solo un'astratta espressione poetica: tessere di un ampio mosaico che gli spettatori fiorentini a giudicare dagli applausi hanno apprezzato moltissimo.
Forse non ha molto senso parlare di questo o quel brano, anche se i Tre intermezzi op. 117 di Johannes Brahms risolti con grande equilibrio, insieme alla antologia dai Quadri poetici op. 85 di Antonín Dvořák, sono parsi l'apice interpretativo del concerto (per quanto riguarda queste ultime pagine di Dvořák, davvero impressionanti per intensità interpretativa ci sono parsi il n. 12 Sulla tomba dell'eroe ed il n. 13 Sulla montagna santa).
Il pubblico era piuttosto numeroso ma non troppo, calorosissimi e grati sono stati gli applausi per Pletnev che ha anche concesso due bis.
La recensione si riferisce al concerto del 10 dicembre 2022.
Fabio Bardelli