Ermione | Serena Farnocchia |
Pirro | Moisés Marin |
Oreste | Patrick Kabongo |
Andromaca | Aurora Faggioli |
Pilade | Chuan Wang |
Fenicio | Junsung Gabriel Park* |
Cleone | Mariana Poltronak* |
Cefisa | Katarzyna Guran* |
Attalo | Bartosz Jankowski* |
Direttore | Antonino Fogliani |
Regia | Jochen Schönleber |
Costumi | Cennet Aydogan |
Orchestra Filarmonica di Cracovia | |
Coro Filarmonico di Cracovia | |
*Borsisti dell'Accademia BelCanto |
L’opera, composta da Rossini nel 1819, fu il suo più grande e doloroso fallimento, poiché non venne ripresa in nessun teatro per tutto l’800. Il motivo di questa débâcle sta presumibilmente nell’assoluta modernità di approccio alla tragedia grazie a rivoluzionarie intuizioni musicali del pesarese. Non viene concesso niente all’edonismo musicale al quale ci aveva abituati e al quale ci abituerà ancora, basti pensare alla successiva Semiramide. Tutto è un concentrato di dramma, azione fulminea, scene innovative. Un’opera “dionisiaca” non certo “apollinea” sulla strada che porterà verso Zelmira, opera altrettanto “moderna”. Rossini pensò di riutilizzare molta musica di questo capolavoro incompreso nel tradizionale centone Eduardo e Cristina. In seguito riutilizzò anche Ermione in Ugo Re d’Italia come risulta dai pochi materiali autografi venuti alla luce.
Questa opera richiede cantanti con doti eccezionali e un grande direttore d'orchestra quale si è dimostrato Antonino Fogliani, impegnato in questi mesi in 4 produzioni diverse con il Festival dell'Opera di Monaco. Serena Farnocchia canta il ruolo principale di Ermione, mentre lo scorso anno aveva mostrato la forza drammatica della sua voce nel ruolo di Elisabetta d’Inghilterra, sempre qui al Festival di Wildbad. Insieme a lei è presente l'andaluso, precisamente di Granada, Moisés Marín nel ruolo estremo di Pirro, che alla prima assoluta a Napoli era appannaggio di Andrea Nozzari, mitico baritenore. Patrick Kabongo interpreta il difficilissimo ruolo di Oreste che esordisce con un'aria dal taglio moderno che si trasforma in un duetto con i numerosi pertichini del confidente Pilade (ciò era già avvenuto con l'aria di Ricciardo che in maniera simile "duettava" con Ernesto, rendendo questi brani degli ibridi tra cavatina e brano d'insieme). Il librettista prende spunto dalla tragedia di Racine, Andromaque, aggiungendo tre situazioni non presenti nel dramma francese cioè l’Introduzione, il Coro di donne “Dall’Oriente l’astro del giorno” e il duetto tra Ermione e Pirro. Anche il personaggio di Attalo è invenzione del librettista. Avremmo visto con piacere lo sviluppo di un duetto tra Ermione e la rivale Andromaca ma per lo scontro tra due prime donne dovremo aspettare la Maria Stuarda di Donizetti con le conseguenze che tutti sappiamo. Ma nella scena quarta abbiamo comunque un confronto svolto con un recitativo in cui la frase di Ermione rivolta ad Andromaca “Ed osa tanto un avanzo di Troia?”, é di sicuro effetto nella sua ambiguità semantica. Sperimentale è anche la sinfonia con cori, già utilizzata con altre finalità nel Ricciardo e Zoraide; in Ermione si cerca di recuperare il “coro greco” con un effetto straniante. In entrambi casi la sinfonia/balletto/coro di Ricciardo e la sinfonia/coro di Ermione sono ben collegate all’introduzione dell’opera creando una macrostruttura modernissima. Ci penserà Donizetti nel 1840, 20 anni dopo, a dare nuova linfa alla sinfonia con cori nel grand-opéra Les martyrs a Parigi.
Serena Farnocchia, soprano di solida esperienza, ricopriva il ruolo di Ermione affrontando il ruolo dopo le recenti recite a Cracovia. La voce ha spessore drammatico, le arcate sono ben sostenute. Nel duetto con Pirro nel primo atto il colore ambrato della sua voce ha particolare risalto. Nel secondo atto protagonista assoluta è Ermione/Colbran/Farnocchia ed è evidente che il poeta Tottola prende spunto dalla fine del IV atto e da tutto il V atto dell’Andromaque di Racine. La Scena e l’Aria di Ermione sono incredibilmente complesse e si articolano in molteplici sottosezioni:
Recitativo
Andantino 6/8 in La
Recitativo
Andante 2/4 in Mi (vedere La Clemenza di Tito “Tu fosti tradito”, scena settima atto II)
Moderato in Do
Moderato 2/4 in Do
Allegro in Do
Serena Farnocchia fa di queste sezioni un capolavoro di coesione e crescendo drammatico che dopo la breve pausa di un duetto di “sorbetto” prosegue col duetto lancinante con Oreste. Oreste è Patrick Kabongo ospite fisso del Festival che vedemmo anche nell’opéra comique Barkouf di Offenbach a Strasburgo. La cavatina di Oreste “Che sorda al mesto pianto” venne stampata pochi giorni dopo la prima napoletana dalla litografia Patrelli e divenne un’aria famosa in tutti i salotti italiani. Rossini riutilizzò questa aria nella Donna del lago quando ad interpretare Giacomo V ci fu il mitico Giovanni Battista Rubini. Patrick Kabongo non teme la scrittura per Giovanni David salendo con facilità verso le zone più acute. Interessante l’approccio alla prima aria ma ancora più interessante il duetto finale con frasi al calor bianco che portano ad un micro finale incredibilmente riassuntivo.
Pirro è Moisés Marin, impegnato anche come Goffredo nell’Armida in scena in questo Festival. La sua aria, che include l’intervento di numerosi pertichini e del coro, ha un taglio moderno e avrà la sua massima espressione in quella di Antenore ripresa in Zelmira pochi anni dopo. Marin è corretto e preciso e si trova particolarmente a suo agio in una scrittura che permette di utilizzare tutto lo spettro vocale tipico della voce di baritenore. Nel duetto con Andromaca e il canto si intreccia con quello di Aurora Faggioli riluttante all’unione. Il mezzosoprano domina l’introduzione con un’aria ben intessuta nel dramma. La voce giovane e dal colore brunito è immacolata e sicura disegnando un personaggio sofferente e accorato.
Pilade è Chuan Wang, è impegnato anche come Carlo in qui a Bad Wilbad. Interessante lo squillo della sua voce e l’ottima pronuncia italiana sia nell’Aria/Duetto con Oreste che nel duetto del secondo atto con Fenicio, Jusung Gabriel Park, valido basso impegnato nell’Introduzione e nel Finale I con importanti frasi.
Ben assolte le brevi parti di Cleone, Mariana Poltorak, Cefisa, Katarzyna Guran e Atttalo, Bartosz Jankowski.
Il direttore Antonino Fogliani, che sovrintende la parte musicale del Festival, opta per una sonorità particolarmente sgargiante dell’orchestra. In particolare i legni e gli ottoni intrecciano le loro frasi indissolubilmente con i numerosi protagonisti. Accompagnamenti rapinosi nell’aria di Pirro e nel duetto finale. Grande attenzione nella gran scena di Ermione sempre nel secondo atto. L’equilibrio tra voci e orchestra nel Finale I è ben realizzato. La regia di Jochen Schönleber ha come tema il Fato e gli oggetti in scena sono numerosi dadi di grandezza diversa. Pirro canta dall’alto di una passerella a indicare il suo potere, mentre nell’ultima scena compaiono i corpi uccisi sia di Andromeda che di Pirro un aspetto che la tragedia greca lascia solo immaginare.
Rossini disse di Ermione “E’ il mio piccolo Guillame Tell italiano, e non rivedrà la luce che dopo la mia morte”. Sebbene non rientrata stabilmente in repertorio, dalla fine del ‘900 e in questi primi 20 anni del XXI secolo, questa tragedia di Rossini ha ripreso il proprio posto e troneggia su molti alti valori per le sue intrinseche qualità drammatico/musicali.
Fabio Tranchida