Heinrich der Vogler | Anthony Robin Schneider |
Lohengrin | Daniel Behle |
Elsa von Brabant | Malin Byström |
Friedrich von Telramund | Thomas Johannes Mayer |
Ortrud | Martina Serafin |
Der Heerrufer des Königs | Björn Bürger |
Vier Brabantische Edle | Christiaan Peters |
François Soons | |
Harry Teeuwen | |
Jeroen de Vaal | |
Vier Edelknaben | Taylor Burgess |
Vida Matičič Malnaršič | |
Elsa Barthas, | |
Yvonne Kok | |
Direttore | Lorenzo Viotti |
Regie | Christof Loy |
Co-regie | Georg Zlabinger |
Scene | Philipp Fürhofer |
Costumi | Barbara Drosihn |
Luci | Cor van den Brink |
Video | Ruth Stofer |
Coreografie | Klevis Elmazaj |
Drammaturgia | Niels Nuijten |
Maestro del coro | Edward Ananian-Cooper |
Coro dell'Opera Nazionale Olandese | |
Nederlands Philharmonisch Orkest | |
Orchestra Filarmonica Olandese |
Dopo il deludente Lohengrin di alcuni anni fa (era il 2013, regia di Pierre Audi, sul podio Marc Albrecht), faceva ben sperare la presenza di Christof Loy, memori della interessante produzione di Tannhäuser vista nel 2019. Invece, all'Opera Nazionale Olandese abbiamo assistito ad una produzione nella quale ad una splendida parte musicale non si sono accompagnati né un cast degno di nota né una regia di quelle da ricordare.
Se nel Tannhäuser era chiara la linea di lettura impressa dal regista, nel caso di questo Lohengrin tutto appare più confuso Non è certo una lettura tradizionale nel senso del termine, ma neppure un esempio del famoso (o famigerato, dipende dai punti di vista) Regietheater di teutonica origine.
C’è tutto quelle che la vicenda richiede: il corno d’argento, duelli all’arma bianca, il cigno (benché stilizzato in una coreografia di corpi piuttosto suggestiva) che arriva assieme ad un Lohengrin dall’aspetto alquanto ragionieresco che pare capitare in mezzo ad un’assembla sindacale, dove padroni e operai si fronteggiano.
Per il resto tutto scorre senza particolare cadute di gusto, a parte la bislacca idea di coreografare, e male, sia il Preludio dell’terzo atto, sia l’intermezzo che prelude all’assemblea sulla Schelda, e la processione nuziale di Elsa e Lohengrin che procede sul palcoscenico attraversando la platea, che fa tanto regia primi anni duemila…
Una produzione anodina, in fin dei conti, che ha suscitato pochi entusiasmi in chi vi scrive, come poco entusiasmo ha suscitato il cast, a parte la buona prova di Malin Byström molto più a suo agio in un ruolo fondamentalmente lirico, come quello di Elsa, che non nei panni di Tosca, come ascoltato alcuni anni fa, sempre qui ad Amsterdam. Un’Elsa appassionata la sua, poco incline a toccare la corda elegiaca e sognatrice del personaggio quanto evidenziare, invece, quella di una donna in lotta per la propria salvezza.
Vocalmente corretto il Lohengrin di Daniel Behle (il che in un ruolo monstre come questo, vista anche la riapertura del taglio parte del racconto, è già un successo) ma tanto, troppo, remissivo come interprete. ma tanto troppo, remissivo come interprete. Interlocutorio Thomas Johannes-Mayer al quale, svestiti i panni di Wotan, il ruolo di Telramund sta vocalmente assai largo. Rimane il fraseggio di un ottimo artista che tratteggia un Telramund lacerato dal ricordo dell’onore perduto dai sortilegi della moglie Ortrud, personaggio al quale non ha certo giovato il passaggio di Martina Serafin dai ruoli sopranili a quelli da mezzo-soprano.
In definitiva, le cose migliori si sono ascoltate, vocalmente, dalle giovani voci di Björn Bürger come Araldo e Anthony Robin Schneider come Re che ci piacerebbe risentire entrambi in ruoli di maggiore spicco.
Resta da dire della parte musicale, che ha non solo riscattato un cast e una regia nel complesso deludenti, ma si è rivelata un'esperienza d’ascolto fra le più entusiasmanti degli ultimi anni.
Da un lato la direzione di Lorenzo Viotti, che alle prese per la prima volta con un opera di Wagner, ha mostrato quanto un direttore, che se non è italiano, è italianeggiante, possa offrire in Wagner, dall’altro la prova superba dell’Orchestra Filarmonica e soprattutto del Coro dell’Opera Olandese che, preparato da Edward Ananian-Cooper, si copre davvero di gloria. La migliore prova di Viotti, almeno fra quelle ascoltare qui ad Amsterdam che concerta l’opera in ogni dettaglio con un ventaglio impressionante di colori, sonorità e dinamiche che si sono concretizzate in altrettante splendide atmosfere teatrali, animate da un passo narrativo soggiogante fin dalle prime battute del Preludio. Bellissimo ovunque il suono sia del coro sia dell’orchestra, un vero tappeto sonoro sul quale avrebbero dovuto adagiarsi voci di ben altra caratura: inutile nascondere il sospetto che sia stata proprio questa bellezza sonora a far sfigurare voci e interpreti che, in una altro contesto, meno stilizzato, avrebbero potuto meglio figurare.
Dopo questa prova resta il rinnovato rimpianto per l’annunciata rinuncia di Viotti alla direzione musicale dell’Opera Nazionale Olandese. Ad maiora!
La recensione si riferisce alla recita di martedì 14 Novembre 2023.
Edoardo Saccenti