Titolo | La mia vita in musica |
Autore | Antonio Pappano |
Editore | Marsilio Specchi |
Numero pagine | 320 |
ISBN | 978-8829791057 |
Data di pubblicazione | 29 ottobre 2024 |
Prezzo di copertina | 20.00€ |
Durante il lockdown Antonio Pappano ha ridotto drasticamente gli impegni, trovando così spazio mentale per scrivere la cronistoria ragionata della sua vita nella e per la musica. Duecentocinquanta pagine che scorrono come le sue esecuzioni più riuscite, come queste ultime merito di una semplicità intuitiva e appassionata all’oggetto della narrazione.
Il libro consta di diciannove capitoletti, che percorrono in ordine cronologico il suo percorso dagli inizi poco più che bambino all’ultimo prestigioso incarico alla guida della London Symphony Orchestra, passando per gli incarichi a Oslo, Monnaie, Santa Cecilia e Covent Garden. A quest’ultimo dedica una buona metà del libro, a testimonianza tanto della sua predilezione per l’opera concepita al massimo livello quanto della complessità a cui lo ha messo di fronte dal punto di vista di gestione di tanti interlocutori con le relative ansie, l’organizzazione di una macchina articolata in orizzonti temporali misurati coi lustri, i vincoli di ogni tipo che ciascuna messa in scena può presentare.
Da gentiluomo si toglie qualche sassolino nella scarpa indirettamente, semplicemente non nominando alcune persone. Menziona invece i suoi prediletti tra i cantanti (su tutti Nielsen, Chilcott, van Dam, Tomlinson, Domingo, Lang, Westbroeck) i registi (Warner, Loy, Mc Vicar, Jones, Michieletto) e i maestri del coro (Gandolfi e Balsadonna).
Le tematiche del libro appaiono tre. Il primo è probabilmente meno noto è la linfa familiare di umiltà, lavoro durissimo, dignità e fiducia positiva nella vita che Pappano ha introiettato dall’esempio dei genitori. Tale apprendistato si è tradotto nella sua carriera in opportunità inaspettate, che ha saputo cogliere con lucidità nonostante la trepidazione: i primi incarichi di repetiteur tra Chicago, Barcellona e Francoforte, l’incontro col mentore Daniel Barenboim, la prima nomina a direttore musicale, gli incarichi importanti, il far leva sulla sua esperienza di pianista per affrontare il repertorio sinfonico.
Il secondo è il suo senso del teatro a partire dal disordine polveroso del retropalco o dalle prime prove di opere complesse che paiono lontanissime dall’unità. Non è difficile immaginarlo spremere ogni energia per perseguire compromessi virtuosi tra le dozzine di personalità che contribuiscono a uno spettacolo, facendoli cordialmente ma decisamente convergere su un’idea comune. Che bella miscela di esperienza e istinto innato si intuiscono qua e là leggendo i suoi ricordi su operazioni apparentemente secondarie come il bilanciamento fonico in situazioni non ideali o la scelta di un tempo che coniughi il senso del brano con le necessità delle voci.
Infine l’analisi pagina per pagina, più per immagini accessibili a molti che per concetti tecnici, di pezzi prediletti quali Le nozze di Figaro, Aida e Requiem di Verdi. A onor del vero in queste pagine vengono un po’ meno la scorrevolezza e il magnetismo dell’insieme.
A sessantaquattro anni Pappano è alle soglie della maturità piena di un direttore, nel leggerne l’autobiografia non si può che augurargli e augurarci che le pagine da scrivere siano sempre più emozionanti.
Marco Peracchio