Il Marchese di Calatrava | Alessandro Spina |
Donna Leonora | Saioa Hernandez |
Don Carlos di Vargas | Amartuvshin Enkhbat |
Don Alvaro | Roberto Aronica |
Preziosilla | Annalisa Stroppa |
Padre Guardiano | Ferruccio Furlanetto |
Fra Melitone | Nicola Alaimo |
Curra | Valentina Corò |
Un Alcade | Francesco Samuele Venuti |
Mastro Trabuco | Leonardo Cortellazzi |
Un Chirurgo | Roman Lyulkin |
Direttore | Zubin Metha |
Regia | Carlus Pedrissa (La Fura dels Baus) |
Scene | Roland Olbeter |
Costumi | Chu Uroz |
Disegno luci e Video | Franc Aleu |
Regia video | Tiziano Mancini |
Maestro del Coro | Lorenzo Fratini |
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino |
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2 Dvd NTSC | |
Editore: Dynamic | |
Distribuzione: Ducale |
Tra gli allestimenti del nuovo corso fiorentino sotto la guida di Pereira quello di La forza del destino, che lo scorso anno ricostituì il sodalizio tra Zubin Mehta e i catalani della Fura dels Baus ad anni di distanza dalla Tetralogia wagneriana, è stato fin ora uno dei più controversi negli esiti, malgrado la sontuosa produzione e i grandi nomi in locandina.
Puntualmente testimoniato dalla Dynamic nella consueta triplice realizzazione in Cd, Dvd e Blu-ray che caratterizza molte sue edizioni, lo spettacolo rappresenta le virtù (ma in questo caso anche qualche vizio) delle recenti scelte artistiche che si propongono di riportare Firenze tra i punti di riferimento mondiali del teatro musicale. Nomi per lo più provenienti dal cosiddetto star system, anche a prescindere da quanto ideali siano i ruoli a loro affidati, vecchie glorie scritturate a prescindere dal sincerarsi sul loro stato di forma del momento, grande spiegamento di mezzi per un progetto creativo dagli obiettivi non sempre chiarissimi.
Difficile dire che una Forza del destino con l'Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino, sul podio un nume come Zubin Mehta, l'allestimento realizzato dalla Fura dels Baus e un cast che vede schierati Saioa Hernandez, Roberto Aronica, Amartuvshin Enkhbat e Ferruccio Furlanetto non meriti un ascolto o una visione e un posto sullo scaffale del collezionista, anzi. Tanto più che la resa tecnica dell'edizione in Dvd (a cui questa recensione si riferisce) è eccellente, grazie anche alla realizzazione in due dischi che consente una minore compressione dei contenuti audio e video, con questi ultimi che sprigionano sullo schermo tutta la ricchezza e lo sfarzo tecnologico messo in campo dal regista Carlus Padrissa. La visione di questa Forza lascia però intatte le stesse perplessità a suo tempo suscitarono sia il bizzarro allestimento, sia la parte musicale, sia (anche) la fusione tra le due componenti. Perplessità che a suo tempo si espressero nella cronaca di chi scrive della Prima dello spettacolo alla quale si rimanda per l'analisi nel dettaglio su regia, lettura direttoriale e prestazioni dei cantanti.
Il Dvd fa riferimento proprio alla prima rappresentazione del 4 giugno 2021 allora recensita e non deriva da un mixaggio di più serate, con ciò rendendo più autentica la testimonianza audiovisiva, ma al tempo stesso conservando le inevitabili piccole imperfezioni di una singola recita.
Talvolta rivedere uno spettacolo di forte impatto a distanza di tempo può mitigare o indurre a correggere certe impressioni avute, a suo tempo, a caldo, ma in questo caso l'effetto di allora resta inalterato: Padrissa si trova a disagio alle prese con un libretto dalla sensibilità lontanissima da quella moderna, in cui si intrecciano storie di inverosimiglianza tale al cui confronto un'intera stagione di una soap opera appare un documentario storico. Vicende condite da personaggi pacchiani, nobili, popolani e prelati, che agiscono tra palazzi, osterie, campi di battaglia e conventi. Sceglie quindi la carta dell'antirealismo e della fantasia sfrenata (che in astratto ci può anche stare), ma la condisce di supponente intellettualismo per giustificare con irritanti scritte in sovrimpressione i salti temporali, financo di millenni, in cui dilata la trama. Più della regia vera e propria si cura della realizzazione formale, a tratti indubbiamente di alto livello, grazie alla magica fusione tra tecnologie di avanguardia e alto artigianato teatrale e all'acrobatica bravura dei figuranti della Fura. La compagnia catalana impiega le solite proiezioni “cosmiche” già viste in altre produzioni e alla lunga un po' uggiose, nonché costumi tanto originali quanto francamente grotteschi. La scena all'osteria di Hornachuelos può divertire per i riferimenti al bar del primo “Guerre Stellari” e la seconda parte del secondo atto presso il monastero appare di gran lunga il momento più riuscito e suggestivo, risolvendosi grandiosamente nel finale in un misticismo un po' fantascientifico che riesce a non sfociare nel comico involontario. Vi sfocia però, e in pieno, l'ultimo atto post-atomico con il duello combattuto da tenore e baritono a colpi di clava.
Per direzione e cantanti si può rimandare direttamente alla recensione dello spettacolo visto dal vivo, confermando l'impressione di un Mehta che come al solito ottiene un gran bel suono levigato dall'Orchestra del Maggio, ma è anche molto, molto lento, soprattutto nella Sinfonia e nel primo atto, con i cantanti messi in difficoltà nei fiati. Aronica che ha timbro di media qualità non è molto valorizzato dalla registrazione, da cui esce in parte ridimensionato rispetto a quanto suscitato all'ascolto in teatro, soprattutto per le difficoltà a reggere le arcate di suono che gli vengono imposte nel primo atto, ma restano evidenti le intenzioni interpretative e la tenuta complessiva di una prova in crescendo lungo tutto l'arco della recita.
Saioa Hernandez interpreta con gusto, se non proprio con carisma, e nella sua voce possiede una zona medio-acuta dal metallo e dalla forza di penetrazione davvero notevoli. Ma si ha il dubbio che Leonora di Vargas non sia esattamente il suo personaggio di elezione, così come forse - per gli accenti non proprio personalissimi - non lo sia neppure Don Carlo per Amartuvshin Enkhbat, il cui ascolto in registrazione, però, restituisce tutto lo splendore vocale, la cura nella dizione e la precisione strumentale nel canto del baritono mongolo. Dal punto di vista puramente esecutivo, quindi, Enkhbat domina agevolmente il cast, avvicinato solo dai brillanti Nicola Alaimo (Melitone) e Leonardo Cortellazzi (un lusso come Trabuco). Discreta ma non proprio impeccabile Annalisa Stroppa (Preziosilla), mentre Ferruccio Furlanetto consegna alla discografia ufficiale il suo Padre Guardiano un po' tardi, pur conservando volume e forte personalità.
Ottime tutte le parti di fianco, con una menzione speciale per il musicale Francesco Samuele Venuti come Alcade. Regia video eccellente di Tiziano Mancini e veste editoriale dalla grafica molto curata.
Fabrizio Moschini