Kammerkonzert: Music of Arnold Schoenberg | |
Piano Concerto, op. 42 (arr. for 15 solo instruments by Hugh Collins Rice) | |
Four Orchestral Songs, op. 22 (arr. for voice and piano quintet by Felix Greissle) | |
Song of the Wood Dove, from Gurrelieder (arr. for 15 instruments, harmonium and piano) | |
Chamber Symphony no. 1, op. 9 | |
Pianoforte | Pina Napolitano |
Mezzo Soprano | Ida Aldrian |
Baritono | Christoph Filler |
Wiener Concert-Verein | |
Direttore | Michael Zlabinger |
2023 - Cd Odradek |
Una delle peculiarità più interessanti della musica di Arnold Schoenberg è la sua continua capacità di sorprendere. Con il metodo seriale, in effetti, venendo quasi del tutto evitata la ripetizione, è pressoché impossibile per l'ascoltatore fare ricorso alla memoria, al già sentito; al ritorno di melodie già ascoltate nella composizione. La musica di Schoenberg è così un eterno presente, un continuo divenire che ad ogni nuovo ascolto regala sorprese. C'è anche un altro aspetto, a volte meno considerato, quando si parla dell'inventore della dodecafonia, che riguarda la sua particolarissima attenzione per le linee melodiche, alla preoccupazione per cui ogni voce dell'orchestra sia sempre chiaramente udibile.
Mettete insieme questi due elementi e avrete il motivo per cui questo Kammerkonzert: Music of Arnold Schoenberg, uscito per Odradek, è un disco di gran pregio. A partire dall'interprete principale, ossia Pina Napolitano, vera diva ex machina di tutta l'operazione. La pianista casertana ha dedicato a Schoenberg buona parte della sua carriera, sin dal fulminante esordio discografico con l'integrale per pianoforte nel 2011. E dopo una serie dal significativo titolo Brahms the progressive (per adesso in due dischi, il secondo dei quali da noi qui recensito), illuminante nel mostrare la continuità del percorso schoenberghiano che ha portato all'emancipazione della dissonanza, eccola aggiungere un altro tassello importante nella storia discografica del grande compositore.
Non lasciatevi ingannare dal pregevole artwork in bianco e nero (opera di Tommaso Tuzj) che richiama certi film tedeschi anni Venti, perché la musica all'interno è coloratissima. E piacevolmente spiazzante, proprio per gli impasti timbrici che danno nuova linfa alla musica di Schoenberg. Sono orchestrazioni cameristiche di opere che abbracciano tutto l'arco della carriera, versioni piuttosto rare o composte per l'occasione.
A partire dal Concerto per pianoforte op. 42 – che Napolitano ha già inciso, e di cui è oggi una delle migliori interpreti – qui proposto in un'inedita orchestrazione per quindici strumenti, ad opera di Hugh Collins Rice, il quale è riuscito nella non semplice impresa di non sacrificare nemmeno una nota in questa riscrittura. Una versione da camera più leggera timbricamente, ma anche più chiara nello sviluppo verticale della musica ed esaltante il raffinato fraseggiare del pianoforte di Pina Napolitano. Merito da condividere anche con la Weiner Concert-Verein magistralente diretta da Michael Zlabinger: l'insieme è gustoso, illuminato da colori forti e attentissimo nell'interazione con il pianoforte.
Analogo effetto è quello riservato ai 4 Lieder, op. 22 per voce e orchestra composti nel 1915 in quella fase di transizione tra la presa di coscienza dell'atonalità e lo sviluppo del metodo dodecafonico che avverrà nel dopoguerra; scritti per un'orchestra di dimensioni ragguardevoli (per intenderci: il primo lieder Seraphita richiede un organico di 24 violini, 12 violoncelli, 9 contrabbassi, 6 clarinetti, 3 tromboni... e non abbiamo finito, ma ci siamo capiti!) vengono qui proposti con l'orchestrazione di Felix Greissle (allievo e genero di Schoenberg) approntata nel 1921. Si tratta a tutti gli effetti di una primizia: quasi mai è stata incisa questa versione dell'op. 22, per quintetto con pianoforte e voce. Ottimo l'ensemble, con elementi della Weiner Concert-Verein (flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte) ad accompagnare Christoph Filler. Il baritono austriaco canta con fermezza e convinzione: la sua voce scura risalta nella leggerezza dell'ensemble facendo emergere delle sfumature timbriche davvero affascinanti.
Anche i Gurrelieder furono composti da Schoenberg pensando ad una orchestra di dimensioni elefantiache; pregevole la scelta di inserire l'ultimo lieder della prima parte, Song of the wood dove, in una orchestrazione per ensemble che approntò lo stesso Schoenberg nel 1923. La voce della colomba che descrive il dolore di Waldermar per la morte di Tove è in questa incisione interpretata da Ida Aldrian con efficacia: il mezzosoprano austriaco ha un portamento quasi nobile nel suo canto, infuso di una vena malinconica. A differenza dei Gurrelieder originali, composti fra il 1900 e il 1911 da uno Schoenberg ancora affascinato dagli influssi mahleriani, lo snellimento dell'organico di questa versione cameristica permette di apprezzare le linee melodiche di tutti gli strumenti. Il risultato è un'incisione di gran pregio, in cui ogni parte è ben udibile e delineata con precisione..
Non dissimile la Kammersymphonie n. 1, op. 9 che chiude il disco, l'unico dei lavori che viene presentato così come originariamente composto. L'attenzione che pone Zlabinger al corretto bilanciamento sonoro per far risaltare tutti gli strumenti è palpabile, come pure l'enfasi della Wiener Concert-Verein nel creare il giusto calore. Il risultato è un disco affascinante, che ci porta in territori poco battuti nel mondo Schoenberghiano, in un esplosione di colori espressionistici.
Emiliano Michelon