Atys | Reinoud Van Mechelen |
Sangaride, Flore | Marie Lys |
Cybèle | Ambroisine Bré |
Célénus | Philippe Estèphe |
Idas | Romain Bockler |
Doris, Iris, trio | Gwendoline Blondeel |
Le fleuve Sangar, Phobétor, Le Temps | Olivier Cesarini |
Le Sommeil, Un Zéphir, trio | Kieran White |
Morphée | Nick Pritchard |
Phantase | Antonin Rondepierre |
Mélisse, Melpomène, trio | Apolline Rai-Westpal |
Un Songe funeste | Vlad Crosman |
Direttore | Christophe Rousset |
Les Talens Lyriques | |
3 Cd Chateau de Versailles - CVS 126 | |
Self Distribuzione S. r. l. |
Il mito di Attis è tra i più cupi e cruenti. Proveniva dalla Frigia, venne acquisito a Roma nel III secolo a. C. e celebrato in marzo, in corrispondenza con i primi giorni di primavera. Viene descritto in estrema sintesi da Ovidio nelle Metamorfosi e dallo stesso, più ampiamente, nei Fasti. Cibele, colpita dalla bellezza del giovane Attis, vuole legarlo a sé nominandolo custode dei suoi templi. In cambio deve rimanere sempre fanciullo, sotto giuramento. Ma costui, preso d’amore per la ninfa Sangaride, cede all’amore carnale. Cibele gli scatena contro le Furie ed egli, in preda al furore, si evira, autopunendosi. Poi la dea lo trasforma in un pino, simbolo della rinascita. Proprio perché legati alla ripresa della vita, i riti dedicati a Cibele si svolgevano in primavera, mentre i sacerdoti della dea erano tutti eunuchi, emuli di Attis. Ci sono altre fonti e versioni sia del mito che dei riti legati a Cibele e in tutti sono presenti la furia, gli eccessi orgiastici, lo strepito degli strumenti legati al culto della dea. Quando tutto ciò si trasferisce alla corte di Francia e passa per le mani di Jean Baptiste Lully e Philippe Quinault, i contorni sanguinari si attenuano, gli aspetti estremi scompaiono, il fracasso degli strumenti divini si ingentilisce e compare solo di tanto in tanto qualche colore eccentrico nelle percussioni, oltre all’indispensabile macchina del tuono nella scena in cui si presentano i songe funestes. Nel triangolo di base previsto dal mito, Quinault, in omaggio al gusto di corte per gli intrecci amorosi e anche per la simmetria, inserisce Célénus, un re cui Sangaride è promessa.
In quanto tragédie lyrique segue l’impianto tradizionale con il prologo in gloria del re e cinque atti. Era la preferita di Luigi XIV, per questo detta opéra du roi. Nonostante la materia oscura del mito, l’andamento dell’opera è pacato, quasi sereno, con molti dialoghi che anticipano il canto di conversazione. Non mancano alcuni momenti “obbligati” come la grande scena di Sommeil, Songes e Phantase richiesta espressamente dal re con molte buone ragioni perché si rivela di rara bellezza.
Christophe Rousset con Les Talens Lyriques asseconda il fluire della musica con un’orchestra chiara, luminosa e trasparente, prestando sempre attenzione agli sviluppi drammatici e alla definizione dei personaggi. Evoca prodigi nella scena del Sonno e dei Sogni, incantevole sia nella parte strumentale che vocale. Pur non essendoci grandi sussulti e colpi di scena, evidenzia a valorizza la varietà dell’invenzione, non eclatante ma continua. Inoltre mantiene desta l’attenzione mettendo in risalto gli interpreti, accompagnati con cura ammirevole sia nei recitativi che negli ariosi e nei declamati.
Il cast vocale è magistrale, dodici cantanti che si dividono diciannove personaggi senza cedimenti stilistici e vocali. Il ruolo del protagonista è affidato a Reinaud van Mechelen, tenore specializzato in questo repertorio. Disegna un personaggio delicato, che si abbandona all’amore ma non ha la forza per contrastare la divinità. Indimenticabile nel duetto del primo atto con Sangaride, un dialogo struggente che si conclude con un’aria leggera come un sogno, resa con grazia impalpabile ("Non, vous ne me connaissez pas"). Marie Lys, Sangaride, è un giovane soprano che trova una misura invidiabile tra stile e interpretazione. Il mezzosoprano Ambroisine Bré, Cybèle, ha il piglio della dea. La voce è piena ed espressiva, in grado di conferire la potenza e l’energia che contraddistinguono il personaggio. Mirabile il cambio di accento nel finale, quando si palesa la sua crudeltà. Il baritono Philippe Estèphe, Célénus, canta con facilità, assecondando il naturale fluire della musica, come per altro tutti i comprimari, indispensabili per la tenuta di un’opera tanto complessa quanto delicata.
La registrazione è buona, presa dal vivo nel Teatro dell’Opera del Castello di Versailles nel giugno 2023.
Daniela Goldoni