Gilda Fiume è uno dei più interessanti soprani affacciatisi ai palcoscenici dei teatri d'opera nel corso dell'ultimo decennio. Dopo il successo ottenuto lo scorso marzo con Norma a Torino, l'artista originaria della provincia di Salerno, precisamente di Sarno, sta raccogliendo unanimi consensi di pubblico e critica nella Sonnambula in scena al Teatro Lirico di Cagliari. Noi l'abbiamo contattata con l'obbiettivo di conoscerla meglio.
Buongiorno Gilda e complimenti per questo ennesimo successo. Sei soddisfatta di queste recite cagliaritane?
Buongiorno Danilo, grazie! Sono molto soddisfatta si, è stata una bella produzione, con grande consenso di pubblico in un teatro dove si lavora molto bene! Non cantavo il ruolo di Amina da sei anni e ho avuto modo di immergermi di nuovo in questo capolavoro di Bellini con dei meravigliosi colleghi e una regia che mi è piaciuta moltissimo.
Come ti sei avvicinata alla musica e allo studio del canto? Chi si è accorto per primo di questa tua particolare predisposizione?
Ho sempre avuto la passione del canto, sin da piccola. I miei genitori si sono da subito accorti che dovunque andassimo prendevo in mano un microfono per cantare, così intorno ai 13 anni hanno deciso di farmi prendere lezioni di canto moderno e per anni ho fatto pianobar, feste in piazza, concorsi vari, quando sono cresciuta ho anche fatto parte di un gruppo con cui facevo musica dal vivo nei locali. Cantavo rock, soul, dance anni ’80: ero un’altra persona! Devo a mio padre se oggi sono una cantante lirica perché lui, da sempre appassionato di musica classica, ad un certo punto mi ha indirizzato a studiare con un’altra impostazione, nonostante le mie reticenze. Per anni ha aspettato ore in macchina mentre io studiavo e mi ha portata dappertutto, senza di lui non avrei fatto tutto questo. Da qualche mese non c’è più e il più grande ricordo di lui che io possa custodire è proprio nel mio percorso artistico.
Ti sei diplomata in canto al conservatorio di Salerno nel 2009. Cosa ricordi di quel periodo di studi? Avevi trovato dei buoni insegnanti?
Per anni ho studiato privatamente con un soprano che ancora oggi porto nel cuore: Antonella De Chiara. Mi ha dato le basi giuste, mi ha insegnato a seguire la mia natura senza forzature e a scegliere il repertorio che tutt’oggi canto. Al Conservatorio di Salerno sono entrata dopo il compimento inferiore, ho un bellissimo ricordo di quei due anni, ho trovato degli ottimi insegnanti, ho imparato tanto e oltre al percorso accademico ho avuto la possibilità di fare tante belle esperienze musicali.
Dopo il conservatorio ti sei perfezionata con Renata Scotto presso l'Accademia di S.Cecilia a Roma. Che esperienza è stata?
Ritrovarsi dinanzi alla Scotto con un piccolissimo bagaglio di esperienza non è stato facile, ma sono i momenti in cui ti tempri e metti alla prova anche il tuo sangue freddo, per imparare e costruire nei momenti di tensione. Con lei ho maturato tanto dal punto di vista interpretativo, ogni lezione era un’esperienza molto intensa e mi ritrovavo spesso a chiudere i concerti delle sue masterclass, il che significava tanto. Inoltre con l’ Accademia ho fatto le mie prime esperienze musicali importanti.
Ufficialmente le prime notizie che abbiamo di te risalgono al 2013 con gli impegni bergamaschi: Trovatore, Maria de Rudenz e, nel 2014, il Torquato Tasso, che poi fu anche la prima volta che personalmente ti sentii in teatro e ne scrissi. Avevi già fatto qualcosa prima o quelli furono effettivamente i tuoi primissimi impegni?
Il debutto operistico sul palcoscenico è stato esattamente nel 2013, grazie a Francesco Bellotto che all’epoca era il direttore artistico del teatro di Bergamo. Mi aveva ascoltata ad un concorso e mi ha premiata con un concerto e un’audizione in teatro, che è andata bene e mi ha dato fiducia, affidandomi dapprima il ruolo di Leonora e l’anno dopo quello di Eleonora D’Este nel Torquato Tasso, permettendomi di cantare il mio primo ruolo belcantistico nel festival donizettiano. Lo ringrazierò sempre.
Ti presentasti con Leonora del Trovatore per poi virare decisamente sul belcanto. Un po’ spiazzante per chi cercava di farsi un’idea della tua vocalità. Che ne pensi?
In realtà io ho sempre fatto belcanto, sin dai tempi del conservatorio, è stato da subito il mio repertorio prediletto. Per comprendere la propria vocalità, non bisogna solo studiare in sala, ma fare delle esperienze sul palcoscenico. Non era il mio obiettivo cominciare con il repertorio verdiano, ma volevo capire fin dove potessi spingermi e in quel periodo ci sono state una serie di circostanze favorevoli che mi hanno indotta a provare e a misurarmi subito con un ruolo che conto di rimettere in repertorio tra qualche anno. Era il mio debutto assoluto e nonostante la difficoltà, ho affrontato la recita con serenità e grinta, cose che mi hanno fatto comprendere che mi sentivo pronta per dire la mia. L’anno dopo lo stesso teatro mi ha ingaggiato per un’opera di belcanto e da allora ho avuto la conferma che quella fosse la mia strada.
Se non vado errato nel 2014 iniziasti a studiare con Mariella Devia. Ci racconti come la contattasti e come fu il primo approccio? Cosa ti disse? Quanto ha influito Mariella Devia sullo sviluppo della tua carriera e per lo sviluppo della tua vocalità?
Avevo già incontrato la signora Devia nel 2009, ad una sua primissima masterclass al Conservatorio di Roma, ma all’epoca era ancora troppo impegnata ed io tremavo ad ogni sua parola perché era un mito vivente per me, la mia cantante di riferimento quando studiavo. Qualche anno dopo, nel 2014, mi iscrissi ad una nuova masterclass perché il mio sogno era poter studiare con lei e non era molto facile arrivare a farlo. Lei si ricordava di me e alla fine della bellissima settimana di studio mi feci coraggio e le chiesi se avessimo potuto continuare privatamente le lezioni. Con mia grande gioia mi disse di sì e da allora non l’ho più lasciata. Mi sono sentita privilegiata perché studiare con lei significa avere piena coscienza dello strumento e della tecnica giusta per affrontare tutte le difficoltà di un ruolo. Inoltre il mio repertorio tocca dei personaggi di cui lei è stata un grande riferimento e non si può chiedere di più! Grazie alla Devia la mia voce ha fatto un netto passo in avanti, è cresciuta, è venuta fuori, si è arricchita, ha preso più corpo, ho imparato lo stile del belcanto, il legato, la morbidezza e quando spesso mi scrivono che quando canto si sente la sua scuola è la soddisfazione più grande. Sarà sempre il mio punto di riferimento.
Ancora oggi il tuo repertorio è un po’ spiazzante per chi, come me, si occupa di critica. Senza scomodare la Callas o appunto la Devia, non è consueto trovare soprani che passino da Norma a Violetta, transitando per Amina senza colpo ferire, con perfetta pertinenza stilistica, espressiva e vocale. Come ci riesci?
Non ho un segreto in merito. Io canto quello che la mia voce mi suggerisce, ciò che mi sta comodo. Non ho mai amato la classificazione delle voci perché credo che ogni persona, ogni strumento, sia a sé. In passato la distinzione era molto meno diffusa ed i compositori scrivevano per le voci che avevano a disposizione: Giuditta Pasta è stata la prima interprete di Norma, di Sonnambula, di Anna Bolena e tanti altri ruoli belcantistici che oggi sembra siano diventati incongruenti tra loro. Un’interprete deve essere credibile vocalmente e scenicamente, quindi sceglie in base a ciò che la voce permette, ma anche alla propensione interpretativa, alla propria indole, al personaggio che sente. Io mi sento Lucia, Norma, Amina, Violetta e così via. La tecnica naturalmente è fondamentale, perché ti permette di usare in maniera intelligente la voce ma soprattutto fa in modo che essa venga fuori nella sua interezza così da poter acquisire la giusta coscienza di sé. Lo studio costante lo è altrettanto, senza quello nessuna voce dura.
Dove pensi ti possa portare questa padronanza tecnica affiancata alla maturazione vocale che solitamente va ti pari passo con la maturazione fisica? Quali territori ti auguri di poter esplorare?
Ci sono così tante varianti nella vita vocale di una persona che non so dire esattamente dove mi porterà. In pochi anni ho avvertito un cambiamento, quindi magari con l’età ci sarà un’ulteriore evoluzione e, seppur il belcanto sarà sempre il mio obiettivo principale, se dovesse rafforzarsi ulteriormente la mia corda da lirico, vorrei esplorare altro repertorio verdiano, penso a Desdemona, a Giovanna D’Arco, ad Amelia, a Leonora ancora e magari qualche ruolo pucciniano.
Esiste un ruolo in particolare che custodisci nel cassetto dei sogni?
Oltre a tutti i grandi ruoli di belcanto che non ho ancora cantato, ovvero le regine donizettiane e le restanti eroine belliniane, sicuramente nel mio cassetto c’è Mimì. È chiuso lì dai tempi del conservatorio. La bohème è una delle mie opere preferite e qualcuno mi dice che potrei già cantarla, ma io voglio farlo nel momento giusto, che non è adesso.
Secondo te, oltre alla Devia, quali sono le artiste del passato che reputi di buon esempio e perché?
Renata Scotto è una delle mie preferite perché aveva questa voce bellissima e naturale, ma soprattutto un potere interpretativo unico. Poi la Callas, che era di un altro pianeta. Aveva il potere di restituire la verità ad ogni personaggio che interpretava ed emozionava anche con un sospiro. E infine la Caballé, dotata di una voce privilegiata e usata sapientemente.
Ora stiamo uscendo da un periodo molto difficile, i teatri hanno riaperto, la vita sta tornando alla normalità. Come hai vissuto il periodo di pandemia e cosa ti auspichi per il presente e futuro del mondo teatrale?
È stata molto dura. Improvvisamente mi sono ritrovata a casa, con contratti cancellati e grande incertezza del futuro. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo, ma in un momento storico in cui la priorità era la salute, ho cominciato a vivere ogni giorno come un grande regalo. Ho approfittato per studiare, approfondire lentamente delle cose della mia voce, ascoltare musica sinfonica. Oggi, che stiamo tornando alla normalità, quando sono sul palco mi ricordo sempre ciò che abbiamo vissuto e lo faccio con una gioia nuova, ricordando che la musica ha aiutato tutti nel periodo buio. Mi auguro che sempre più persone comprendano non solo la funzione culturale del mondo teatrale, ma anche la bellezza di cui abbiamo tanto bisogno per vivere. Non è un semplice intrattenimento il nostro, Aristotele diceva che il teatro avesse una funzione catartica. Perciò spero che sempre più pubblico affolli i nostri teatri e che cambi qualcosa alla radice.
Dopo questi primi anni di carriera sei contenta di aver scelto questa professione? Te l’aspettavi così? Quali sono gli aspetti che ti costano maggiore sacrificio e quali invece i pro?
Ne sono felicissima e mi sento una privilegiata per esserci riuscita! Ho lavorato tanto e fatto sacrifici per rincorrere il mio sogno ed oggi che lo vivo non posso che ringraziare la vita. Quello che mi pesa di più è stare lontana dai miei affetti per mesi a volte, la solitudine, le feste saltate, la vita sociale ridotta all’osso quando si tratta di cantare per evitare problemi. Ma l’emozione che regala il palcoscenico è impagabile; la possibilità di viaggiare e fermarsi in tanti posti diversi e soprattutto vivere della propria passione significa non avvertire mai la sensazione che stai lavorando.
Hai qualche consiglio da dare ai giovanissimi che si stanno affacciando ora a questa professione?
Il mio consiglio è studiare e impegnarsi tanto perché quello rende inattaccabili, ma soprattutto non avere fretta di arrivare: cominciare la carriera quando non si è pronti fa fare passi falsi. Bisogna attendere il momento giusto, affidandosi a buoni maestri.
Sei una bella donna con degli occhi che definire stupendi è riduttivo; avrai tanti spasimanti. Come va dal punto di vista dell’amore?
Ti ringrazio per questi complimenti! Ho la fortuna di avere un compagno meraviglioso, Francesco, con il quale condivido la vita e la professione. La serenità personale è fondamentale quando fai un lavoro come il nostro, così come appoggiarsi e consigliarsi a vicenda. E poi diamo valore al cliché direttore d’orchestra /soprano... (ride).
Quali sono i tuoi hobby e le tue passioni quando hai del tempo libero?
Quando ho del tempo libero durante le produzioni, mi piace passeggiare, guardare serie tv e seguire il tennis, una passione che mi ha contagiato il mio compagno. Mentre durante i periodi di pausa corro dalla mia famiglia a Sarno per riabbracciare tutti, comprese le mie meravigliose nipotine che adoro.
Come ti piacerebbe vederti tra vent’anni?
Semplicemente felice e realizzata.
Impegni futuri dopo questa Sonnambula?
Prossimamente tornerò a Seul, debutterò al Liceu di Barcellona, ma sicuramente l’impegno vicino più importante è il debutto, questa estate, all’Arena di Verona nella Carmen di Bizet come Micaela.
Grazie per la bella chiacchierata e in bocca al lupo per il futuro.
È stato un piacere, grazie e un saluto a tutti gli amici di OperaClick.
Danilo Boaretto