Giampaolo Bisanti, uno dei direttori d’orchestra maggiormente apprezzati in Italia e all’estero si sta apprestando a segnare una tappa importante della sua carriera.
M° Bisanti, tra pochi giorni vivrai un doppio debutto: salirai per la prima volta sul podio del Teatro alla Scala affrontando per la prima volta la partitura di Adriana Lecouvreur. Quali sono le tue sensazioni?
Sto vivendo un momento magico! È la prima volta che varco l’ingresso artisti della Scala, prendere l’ascensore insieme a te ed essere accolti dal personale in maniera così affettuosa è stato veramente bello.
Ora stiamo chiacchierando in una della sale più belle, all’interno di questo mitico Teatro, ed è per me una grande emozione. Quindi non mi capacito di quanto sta per accadere. Questa emozione, questa energia mi dà tanta forza per compiere al meglio il mio lavoro nel teatro più importante del mondo. Proprio qui dove, da piccolo, venivo ad ascoltare incantato le recite di Abbado e Muti, mi nascondevo e prendevo appunti durante le loro prove, facevo di tutto per cercare di capire i meccanismi e la magia del palcoscenico… questo Teatro è proprio dentro di me, nel mio sangue, in ogni ricordo che ho da quando ero ragazzino; il sogno di un bambino che tanti anni fa desiderava fare il musicista e che oggi ha l’occasione di farlo qui!
Affronterai per la prima volta Adriana Lecouvreur: cosa ci puoi dire in proposito?
Ho un legame molto profondo con tutto il repertorio del verismo e fino ad ora ho avuto la fortuna di poterne affrontare la quasi totalità delle principali partiture. Adriana Lecouvreur e Gioconda sono i due titoli che ancora mancano al mio appello. Sono entusiasta e sento dentro di me una grande carica che deriva proprio dal dover debuttare, in un Teatro come questo, con un titolo mai diretto. La forza viaggia di pari passo alla responsabilità di dover salire su quel podio e di cercare di servire al meglio la musica, l’autore, il pubblico e gli artisti che avrò la gioia di guidare.
Ti conforta debuttare il titolo in un teatro di questa portata e con un allestimento storico?
L’Adriana che stiamo per fare è l’allestimento storico di David McVicar che è stato apprezzato da sempre e da un pubblico piuttosto eterogeneo. Poi il Teatro ha scelto due cast di primissima grandezza e quindi sono felicissimo di poter fare questo debutto con professionisti ed artisti di livello assoluto. Noi tutti sappiamo che è il palcoscenico sostanzialmente che dà la resa finale in un’opera lirica. Il mio compito è quello di creare una “cornice” all’interno della quale gli artisti possano sentirsi liberi di esprimere le loro caratteristiche al meglio; creando il giusto equilibrio tra le loro esigenze e quelle della musica senza mai tradire lo spirito che il compositore aveva messo dentro le note e “tra” le note. Un lavoro di squadra insomma; un lavoro di “concertazione” di idee e di intenzioni che deve essere sempre al servizio della musica e rivolto al rispetto assoluto del pubblico.
Nelle ultime rappresentazioni scaligere - con l'allestimento firmato da Puggelli - nel ruolo titolo furono protagoniste la grande Mirella Freni e successivamente la compianta Daniela Dessì.
Due splendide artiste, molto diverse tra loro, ognuna con le proprie straordinarie peculiarità, che sono rimaste nel cuore di tutti noi che amiamo la musica e, in particolare, il canto.
Per questa produzione si alterneranno Maria Agresta e Anna Netrebko, entrambe non necessitano di presentazioni, ed offriranno al pubblico la loro personale lettura del ruolo e sicuramente sapranno rendere questo personaggio accattivante, moderno e pieno di umanità; lo faranno in modo molto differente tra loro ma al contempo in maniera efficacissima. Io, fossi uno spettatore, non mi perderei nessuna delle due!
Ma qual è stato il tuo percorso di vita e di studi che si sta finalizzando col raggiungimento del podio scaligero? Ci racconti qualcosa di te che già non conosciamo?
Sono nato a Milano ma sono cresciuto a Bresso, cittadina dell’hinterland milanese, primo di undici figli. Mio padre era un correttore di bozze che per tutta la sua vita ha lavorato giorno e notte per non far mancare nulla alla propria famiglia e dare la possibilità ai propri figli di sviluppare le loro attitudini. In seconda media fui ammesso al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano ed iniziai giovanissimo a prendere ogni giorno filobus, autobus e tram per recarmi a scuola. Al Conservatorio vissi un periodo lunghissimo della mia vita. Feci una serie infinita di studi partendo dal clarinetto, pianoforte, composizione, due corsi di direzione d’Orchestra con i più grandi insegnanti in assoluto con il rigore e la voglia di crescere professionalmente.
A proposito di rigore: abbiamo sentito più volte dalle interviste al M° Muti sottolineare la rigidità di metodo degli insegnanti di un tempo…
La formazione acquisita al Conservatorio ti è stata sufficiente per iniziare a dirigere?
Altroché, dire rigidità è un eufemismo. Posso dire che quando non funzionavamo bene, a livello di preparazione tecnica, i nostri strumenti volavano letteralmente fuori dalle aule.
Mi è servito aver potuto lavorare con grandi insegnanti e soprattutto aver potuto studiare con la disponibilità di un’Orchestra. Perché spesso i corsi di direzione d’orchestra, ahimè, non contemplano un’Orchestra e come è logico, un giovane direttore senza quella non può fare nulla. Ai miei tempi c’era Marcello Abbado direttore del Conservatorio di Milano, il quale ci aveva dato la possibilità di dirigere, non sempre ma spesso, la stessa Orchestra composta da allievi e Maestri dei corsi dei vari strumenti. Quindi una base d’esperienza sono riuscito a farla già durante i primissimi studi al Conservatorio.
Oggi arrivo alla Scala con emozione e gratitudine verso coloro che hanno sempre creduto in me! Sono felice ma nel cuore ho le giovani generazioni e le loro necessità.
Perché bisogna dire, con grande onestà, che il rigore durante gli studi era massimo ma che noi eravamo molto agevolati rispetto ai ragazzi che oggi si approcciano a questa difficilissima carriera. C’erano molte realtà, diciamo, minori in cui potevamo “sperimentare”, fare esperienza, riuscire a muovere i primi passi. Oggi, purtroppo i giovani non hanno queste occasioni e vivono lunghissimi periodi di attesa e di sfiducia. Bisognerebbe dare spazio a questi talenti, perché ci sono e sono straordinari; preparatissimi, disciplinati, desiderosi di avere un’occasione! Non si possono tenere su una sedia a fare da “assistenti”, passivi e privi di possibilità, per anni e anni e anni, o peggio, sfruttarli per farsi correggere partiture e portare trolley! La migliore soluzione, per la mia esperienza, è quella di farsi seguire, alternarsi alle prove e lasciare anche a loro la possibilità di dirigere prove d’assieme, prove generali e una o più recite di quelle previste in cartellone! E’ così che si forma un vero professionista! Con le prove, si, ma anche con il pubblico alle tue spalle che ti responsabilizza e ti dà energia! Certo, non dico che bisogna partire da una Première importante, ma far sì che un giovane segua un collega più esperto durante tutta la preparazione di una produzione e poi sia lasciato, da quello stesso direttore, a sperimentare il vero spettacolo e la tensione emotiva della recita. Questo credo sia il percorso più giusto per un giovane, Ed inoltre il più corretto e rispettoso per chi, come me, ha avuto occasioni e fortuna nella vita professionale; restituire un pochino di quella fortuna è un karma giusto che diventa prezioso per chi la riceve. Questo, si spera, possa instaurare un circolo virtuoso di “dare-avere” e quindi anche questi giovani, quando ne avranno l’opportunità, daranno spazio ai loro colleghi che ne avranno bisogno. Spero davvero che questo mio modo di pensare possa essere condiviso da tutti coloro che fanno questo stupendo mestiere… in particolare dopo le sofferenze di questo periodo così buio in cui c’è bisogno di ridare una speranza ed una direzione alle vite di questi ragazzi giovani così fortemente danneggiati dall’emergenza sanitaria che stiamo attraversando!
Come hai mosso i tuoi primi passi e come hai dato il via alla tua carriera?
L’amico Fritz di Mascagni fu la prima opera che diressi in assoluto, a Voghera, poco prima di partire per il servizio militare. La regia era di Eugenia Ratti (celebre Musetta ne La bohème diretta da Karajan alla Scala nella stagione 1962/1963) e all’epoca ero ancora abbondantemente in età di Conservatorio. In seguito, iniziai a frequentare varie accademie: l’Accademia Musicale Pescarese, l’Accademia Chigiana e poi vennero le mie prime esperienze importanti con l’Aslico, una delle pochissime realtà che persegue con tenacia la scoperta di giovani talenti, con Spoleto, con l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, con i Pomeriggi Musicali e, a seguire, con i grandi enti lirici italiani.
Sino ad oggi quali sono state le tappe del tuo percorso che ricordi con particolare piacere?
Probabilmente quelle più emozionanti all’inizio. Poi, quando acquisisci esperienza, anche trovandoti in templi sacri ed in situazioni complicate, affronti tutto con maggiore sicurezza. Io ho debuttato alla Staatsoper di Monaco e anche alla Semperoper di Dresda, praticamente senza prove. Circostanze a cui non ero abituato e che mi hanno messo nella condizione di giocarmi il tutto per tutto: un’orchestra che non ti ha mai visto, un teatro che non hai mai visto e quindi tante variabili che entrano in gioco; grazie al cielo tutto è andato bene. Ricordo con grande emozione anche il mio debutto a Vienna ed ora è indescrivibile quello che provo in vista del mio debutto alla Scala.
La tua vita è sempre stata piuttosto frenetica. Come ci hai pocanzi raccontato, hai iniziato a fare sacrifici da ragazzino, cambiando un gran numero di mezzi pubblici per andare al Conservatorio. Poi hai lavorato tanto passando di teatro in teatro, via via sempre più prestigiosi. Nessuno ti ha mai regalato nulla. Due giorni fa eri a Vienna, ieri eri a Berlino, oggi sei qui a Milano, domani sarai a Bruxelles e dopodomani a Liege. Io mi domando come tu riesca a mantenere certi ritmi. Ora riuscirai a rallentare per goderti e assaporarti questo importante debutto scaligero?
La frenesia della mia vita è quello che mi aspettavo e che ho sempre sognato, la reggo bene perché credo nella salute del fisico e della mente. Quindi cerco di trattare me stesso nel migliore dei modi. Ovviamente più chiedi e più hai bisogno di concentrazione ed energie perché i grandi teatri si aspettano sempre un livello massimo. Io negli ultimi mesi tra Parigi, Concertgebouw e altri teatri ho dovuto fare la trottola. Adesso devo dire, come hai detto tu, il fatto di fermarmi nella mia città, nella città che conosco meglio di tutte, sfatando il detto nemo propheta in patria, arrivando alla mia età, con la forza dell’esperienza, nel maggior teatro del mondo ed avere la possibilità di fermarmi, di provare e di abbracciare questo teatro giorno per giorno credo sia la più grande soddisfazione che un direttore d’orchestra possa avere in assoluto. Quindi, che dire? Sono felicissimo, onorato, con il dovuto timore reverenziale e senso di responsabilità e, davvero, non vedo l’ora.
Dopo questo impegno alla Scala quali saranno i tuoi appuntamenti professionali? Sappiamo che da poco hai assunto un nuovo prestigioso incarico: ce ne vorresti parlare?
Sono appena stato nominato direttore musicale dell’Opera Royal de Wallonie di Liege e devo dire, con grande schiettezza, che ne sono entusiasta! Ho firmato un contratto di direttore musicale per cinque anni ed in sinergia con il sovrintendente Stefano Pace e tutto lo staff del teatro, lavoreremo per far crescere un teatro che già parte da un altissimo livello. Abbiamo idea di rimpolpare l’organico orchestrale, l’organico del coro, aumentare la poliedricità dell’offerta al pubblico e molti altri progetti di cui è ancora presto per parlare perché sono in cantiere... saranno delle bellissime novità che porranno l’accento sulla città di Liegi come polo musicale sia in termini di Programmazione Artistica che di Formazione delle future generazioni.
Per ciò che riguarda invece i miei impegni, mi attende un calendario molto intenso che abbraccia Vienna, Berlino, Amburgo senza dimenticare l’amato Teatro Petruzzelli dove in aprile debutterò Werther e in maggio porterò in Tournee al Festival di Wiesbaden con Aida e Verdi Requiem; la prossima estate affronterò il mio debutto americano alla Seattle Opera inaugurando la Stagione con L’elisir d’amore, in autunno il mio debutto a Verona con Gioconda e poi tantissimi altri appuntamenti.
Sappiamo che nei rari momenti liberi in cui sei a casa ti piace cavalcare la tua moto. A questa passione, da poco ne hai aggiunta un’altra, per certi aspetti sempre legata al mondo dei motori…
Si, da un paio d’anni, direi da quando eravamo tutti fermi per la pandemia, mi sono iscritto alla scuola di volo per licenza pilota privato e sto, piano piano, sviluppando questa nuova passione che mi conquista sempre di più e spero a breve di riuscire a prendere il brevetto di volo.
A questo punto non ci resta che ringraziarti per la bella chiacchierata facendoti un grande in bocca al lupo per il prossimo imminente impegno scaligero.
Grazie a te e un saluto a tutti gli appassionati ed amici di OperaClick.
Danilo Boaretto