Fu considerata uno dei più grandi mezzosoprani della storia della lirica non solo per il grande senso del teatro e per l’innata musicalità, ma soprattutto per il ricco e vario repertorio che la vide magnifica interprete sui palcoscenici di tutto il mondo. Scorrendo le tappe della lunga vita e dell'intensa e prestigiosa carriera, emerge tuttavia che Giulietta Simionato, soltanto dopo aver trascorso anni difficili ed essere stata relegata a ruoli minori, riuscì ad occupare alla Scala un posto di sempre maggiore preminenza tra i mezzosoprani sino a divenire una vera Diva.
LA NASCITA DI UNA STELLA
La cantante (Giulia all'anagrafe) aveva visto la luce il 12 maggio 1910 a Forlì per una pura fatalità, perché il padre Felice, di anni quarantacinque, originario di Mirano vicino a Mestre, era stato trasferito dalla Sardegna al nostro carcere giudiziario con l'incarico di “guardiano”, come figura nel certificato anagrafico. La madre, Giovanna Maria Truddaiu Baroccu, casalinga, era sarda di Bortigiadas, provincia di Sassari, ed era in attesa di Giulia. La coppia aveva già avuto due figli, Regina e Carlo, nati a Tempio Pausania rispettivamente nel 1901 e nel 1903. A soli quaranta giorni dalla nascita di Giulietta, come tutti in famiglia la chiamavano, il padre decise però di ritornare in Sardegna augurandosi che il clima del paese natale potesse giovare alla salute della moglie che soffriva di terribili emicranie fin dall'ultima gravidanza.
UN'INFANZIA INFELICE
Giulietta trascorse una fanciullezza segnata da un'educazione di tipo militaresco impartita dalla madre, che non esitava ad impugnare la frusta per punire le marachelle dei suoi figlioli, come confida all'intervistatore la stessa cantante: “Mia madre sarda era severa come un ufficiale prussiano”. Per fortuna il padre aveva un carattere mite, buono e così tenace da riuscire a laurearsi in giurisprudenza quando già lavorava come guardia carceraria. Gli unici momenti lieti di Giulietta erano quelli in cui poteva stare a contatto con la natura, in aperta campagna, dove ascoltava affascinata i canti corali dei contadini intenti al loro faticoso lavoro e scorazzava all'impazzata con il cavallino che il nonno aveva regalato ai nipoti. Quando nel 1918 il padre fu trasferito a Rovigo, portò con sé la famiglia ed affidò Giulia alle cure delle suore dell'“Istituto Silvestri” dove la ragazzina proseguì gli studi e ricevette anche i primi rudimenti del canto.
GLI STUDI MUSICALI
Lei stessa confidò all'intervistatore:
Amavo cantare. Avevo un orecchio perfetto e imparavo qualsiasi canzone con facilità. Mia sorella cantava i motivi in voga in quegli anni e io la imitavo. In casa non sopportavano la mia voce. Dicevano: "Taci con quella voce stridula che fora le orecchie". Io non riuscivo a trattenermi e mi chiudevo nel bagno per dare sfogo a questo mio desiderio di cantare. Non ho avuto nessun esempio o stimolo dalla famiglia, anzi i miei genitori ed in particolare la mamma, di origine sarda, non desideravano assolutamente che diventassi una cantante.
Le suore del collegio, che facevano partecipare Giulietta ai loro spettacoli e ai cori della chiesa, intuirono il suo talento e la segnalarono al m° Guido M. Cremesini, direttore del “Liceo Musicale” di Rovigo che percepì immediatamente le ottime doti canore della ragazzina (“Rassegna Musicale Curci”, anno LVI, n. 1, gennaio 2003, pp. 15-17) e propose di avviare Giulia allo studio del canto; dopo il primo netto rifiuto del padre che voleva rispettare la volontà della moglie, contraria per motivi morali, non si arrese e replicò la richiesta. Il padre accettò soltanto quando, dopo la scomparsa della moglie, si presentò una felice occasione: il Dopolavoro di Rovigo cercava invero una voce in grado di sostenere la parte della protagonista nella commedia musicale“Nina no far la stupida” di Arturo Rossato presso il Teatro Sociale di Rovigo.
IL DEBUTTO
L'esordio ebbe luogo il 14 maggio 1927 quando la Simionato aveva appena compiuto diciassette anni; il teatro era tutto “esaurito” e gli applausi più calorosi andarono alla giovanissima cantante che fu riconosciuta dalla critica in possesso di“una voce gradevole e flessibile e di un'intelligenza viva”. Il 5 ottobre 1927 Giulietta si esibì ancora al Teatro Sociale nella commedia Ostrega, che sbrego! dove sostituì il tenore, divenuto improvvisamente rauco, cantando “Ecco, ridente in cielo”. Dopo questi lieti successi il padre acconsentì a farle studiare canto, prima a Rovigo con il M° Ettore Lucatello, direttore della banda rodigina, poi a Padova con Guido Palumbo, maestro di coro, che teneva un'apprezzata scuola di canto da cui era appena uscito il tenore Giovanni Malipiero. Nel 1932 la cantante fu scritturata per il Teatro Verdi di Padova e per il Sociale di Montagnana, rispettivamente nel ruolo di Lola (Cavalleria Rusticana) e di Maddalena (Rigoletto).
IL CONCORSO FIORENTINO
Nel marzo 1933, ricorda l'Artista, si tenne a Firenze il Primo Concorso Italiano di Canto ed io volevo assolutamente parteciparvi, anche se il M° Palumbo mi diceva che senza raccomandazione era tutto inutile. Al Concorso eravamo in 385 e rimanemmo solo in 18, di cui 3 mezzosoprano ed io fui la vincitrice. Il Maestro Serafin, che faceva parte della giuria, mi raccomandò al Maestro Fabbroni (Piero, NdR.), allora segretario artistico della Scala, per un’audizione che ottenni, anche se mi dissero che per la Scala ero ancora immatura e che avrei dovuto ripresentarmi dopo due anni. Così feci.
Nel frattempo, oltre ad approfondire i suoi studi musicali, la cantante si esibisce in varie rappresentazioni: nel 1934, dopo aver esaurito le recite come Lola al Comunale di Treviso e come Azucena nel Trovatore al Rossetti di Trieste, partecipa ad una tournée a Malta, con tappe successive a Tunisi e Tripoli, che la terrà impegnata sino a marzo 1935. Riguardo alla sua esibizione nell'Adriana Lecouvreur al Municipale di Tunisi il critico del giornale “L'Unione” si pronuncia in modo favorevole e le preannuncia un radioso avvenire. Giunge poi la scrittura per il Maggio Fiorentino, dove il 4 maggio 1935 la giovane artista esordisce nell'Orseolo di Pizzetti. A questa modesta soddisfazione si aggiunge una scrittura più importante, quella per il Teatro Vittorio Emanuele di Torino (16 ottobre 1935), dove ritornerà ad esibirsi nella parte di Azucena. Come si evince dalla “Gazzetta del Popolo” del 17 novembre 1935, la cantante possiede invero “un raro equilibrio nei registri, una voce bella e calda”, ma potrà diventare una bravissimaAzucena “quando la voce avrà acquistato di volume”. Non bisogna infatti dimenticare che la Simionato doveva fare i conti con quanto offriva in quegli anni il panorama mezzosopranile; al vertice della gerarchia regnava Ebe Stignani, voce sontuosa di grande valore, cui si contrapponeva l'intelligente cantante e splendida attrice Gianna Pederzini. Da non sottovalutare pure la presenza sui palcoscenici dei due più importanti teatri italiani, La Scala e il Reale dell'Opera di Roma, di Irene Minghini Cattaneo e l'affermarsi improvviso di Cloe Elmo, coetanea della Simionato, ma dotata di una voce opulenta, dalle forti connotazioni drammatiche. Inoltre, si era imposto all'attenzione della critica anche un gruppo di caratteriste capeggiate dalla toscaniniana Elvira Casazza. Pertanto “la strada si preannuncia in dura salita per chi, come Giulietta, disponeva di una voce 'leggera' e non ancora del tutto formata”, afferma Giorgio Gualerzi nella prefazione al volume, Omaggio a Giulietta, edito il 12 maggio 2000 dal Teatro alla Scala, in occasione dei novant'anni dell'Artista.
L'ESORDIO SCALIGERO
A 25 anni le giunse finalmente il contratto con la Scala, ma si tratterà di un “contratto capestro” secondo il quale, è la stessa Simionato a confessarlo, “io dovevo essere preparata, come doppione, per qualsiasi parte di comprimaria senza mai protestare. Dovevo anche essere presente a tutte le prove di pianoforte, di sala, di scena, d'orchestra e di palcoscenico”. Le erano infatti affidate parti minori, di comprimario in modo tale che la sua carriera stentava a decollare. Fu però un periodo intensissimo, perchè dovette imparare molti ruoli, ma che le servì come esperienza per il futuro, anche se la umilierà non poco.
Il 15 gennaio 1936 il giovane mezzosoprano invero esordì alla Scala in Orseolo di Pizzetti, poi in Suor Angelica, come dichiarò all'intervistatore:
Iniziai il mio impegno alla Scala nel novembre del 1935. Mi affidarono subito una piccola parte, la madre superiora nella Suor Angelicadi Puccini. Protagonista era Oltrabella (il soprano Augusta, NdR.), dirigeva Gino Marinuzzi. L'impatto con l'ambiente fu traumatico. Ero timida, riservata, paurosa. Non mi fidavo della gente e non facevo facilmente amicizia. Durante le prove, mi vergognavo a cantare e soffrivo. Per l'emozione la voce stentava a uscire dalla gola. Avrei voluto scappare, come avevo fatto altre volte nei concerti a Rovigo, ma ora cantare non era più un gioco per me, era diventato il mio lavoro.
D'allora resterà alla Scala fino all'aprile 1944, cioè fino a quando s'interromperà momentaneamente il legame con l'importante teatro milanese. Nei tre anni seguenti la cantante cercherà altri spazi in cui affermarsi: si ricorda in particolare la tournèe che toccò l'acme nelle recite parigine dell'aprile 1946 alla Gaité Lyrique in cui fu particolarmente apprezzata la sua “ampia voce dai bruni riflessi, il suo medium ricco, il registro grave molto attraente e molto puro”.
I SUCCESSI ALLA SCALA (1947-1966).
Solo il 2 ottobre 1947, dopo quindi essere stata relegata a ruoli marginali che le avevano procurato molte amarezze ed insoddisfazioni, giunse finalmente a Giulietta il suo primo ruolo da protagonista, Mignon di Thomas alla Scala che le varrà un articolo elogiativo di Eugenio Gara:Laurea a Giulietta. Diretta da Antonio Guarnieri ed affiancata dal tenore Giuseppe Di Stefano, coglierà un autentico trionfo proprio perché la Mignon, come confida la stessa cantante, era l’ideale per le sue possibilità vocali; seguiranno le interpretazioni del repertorio rossiniano, Il Barbiere, L'Italiana in Algeri, Mosè. In special modo il personaggio di Cenerentola le calzerà a pennello anche psicologicamente, perché lo sentirà molto congeniale al suo carattere. Contemporaneamente alle scelte rossiniane, tutte maturate (tranne una) tra il 1948 e il 1952, l'intelligente Simionato allarga il suo repertorio in ogni direzione spingendosi sino a Verdi, toccando anche Bellini (Norma) e Donizetti (la riesumazione dell'Anna Bolena nel 1956-57 coincise con una delle sue più perentorie affermazioni e varie riprese di Favorita si conclusero con altrettanti successi). Importante fu anche il suo ruolo nella riscoperta di partiture del passato, che rischiavano di cadere nell'oblio: Gli Orazi e Curiazi di Domenico Cimarosa (RAI 1952), Gli Ugonotti di Meyerbeer, Il Conte Ory e il Tancredi (protagonista) di Rossini (Maggio Fiorentino del 1952, Teatro La Pergola).
LA LUNGA E INTENSA CARRIERA
Dotata di una tecnica impeccabile e di un timbro pieno e vellutato, ebbe un'attività frenetica, un'intensa carriera internazionale, secondo quanto sostenne la medesima Artista:
Ho passato vent'anni di lavoro a ritmi vertiginosi, m'hanno spremuta. Una media di 80 recite l' anno, ma ne ho fatte sino a 92. Non avevo il tempo per provare. Ma, in fondo, ho riscattato una gavetta durata altrettanto, dal 1927 al '47, quando ho debuttato con Mignon, il ruolo a me più caro dei 107 che ho interpretato. In scena ero come telecomandata da un legame d'amore con il pubblico. Sono sempre stata scontenta dei miei risultati...
Particolarmente intensa fu l'attività della Simionato nell'ultimo quindicennio della sua carriera, dal 1950 al '65, non solo in Italia ma pure all'estero; basti ricordare i validissimi risultati conseguiti ad Edimburgo, al Covent Garden di Londra, alla Monnaie di Bruxelles, al San Carlo di Lisbona (1954-55), alla Staatsoper di Vienna (1958-59), a Tokio (1956-59), al Lyric di Chicago (1956-57-58), al Sara Berhnardt di Parigi ed infine nel 1959 al Met di New York dove ebbe modo di rivelare una voce dotata di una duttilità rara e sorretta da un’eccellente tecnica. Da non dimenticare pure la sua grazia scenicache, nonostante la modesta statura, le derivava dalla figura elegante ed armoniosa. Uno dei ruoli più interpretati fu quello di Carmen e di Preziosilla ne La Forza del Destino. Ebbe inoltre l'onore di essere affiancata da celebri cantanti, quali Ettore Bastianini, Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco, Franco Corelli, Maria Callas, Renata Tebaldi, Magda Olivero, Pia Tassinari, tanto per citarne alcuni, e di esibirsi con i più grandi direttori del passato, Karajan, Gavazzeni, Guarnieri, Marinuzzi, lo stesso Mascagni, Pizzetti, Toscanini. La si può quindi definire una delle più importanti voci del Novecento italiano.
L'AMICIZIA CON LA CALLAS
È stata la più grande amica e collega di Maria Callas: memorabile rimane il loro duetto del 14 aprile 1957 alla Scala in Anna Bolena di Donizetti, in cui le due cantanti divisero il successo strepitoso senz'ombra d'invidia, in perfetta armonia. Altrettanto rilevante era stata la sua Adalgisa nella Norma, che interpretò accanto alla Divina varie volte. Il 7 dicembre 1955 la Callas e la Simionato avevano eseguito il capolavoro belliniano accanto a Mario Del Monaco e a Nicola Zaccaria. Nel “Corriere della Sera” Franco Abbiati giudicò “Giulietta più calda e sensuale, meno abile, ma meno 'costruita' della Callas” e la ritenne “un'Adalgisa di pronta e spontanea e quasi aggressiva efficacia”, giudizio molto gratificante per il mezzosoprano forlivese. Quando il 16 Settembre 1977 la Callas morì, fu chiesto a Giulietta di ricordare l'amica scomparsa:
Sono sconvolta per la morte di Maria Callas e faccio fatica a trattenere le lacrime. Ci siamo conosciute nel 1948, lei faceva Tristano e Isottaa Venezia, io facevo per la prima volta Mignon. Siamo state buone amiche, ci siamo volute bene e stimate reciprocamente. La conoscevo molto bene: era una donna fragile malgrado il suo carattere che la faceva sembrare una leonessa, un carattere e personalità particolare. Si confidavacon me e accettava tutto da me, consigli e pure rimproveri, complimenti. Tu sei l'unica che mi capisce e che mi sta vicino.
LA DISCOGRAFIA E LA VOCE
Giulietta ebbe una brillante attività discografica. Nel 1940 era stata Mamma Lucia nella Cavalleria rusticana diretta da Mascagni e nel 1941 la Contessa di Coigny nell’Andrea Chénier, pubblicate ambedue per His Master’s Voice. Dopo le prime registrazioni Cetra, realizzate all’inizio degli anni Cinquanta (Il matrimonio segreto, Cavalleria rusticana, Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola, Aida), dal 1954 fu scritturata dalla Decca per una fortunata serie di incisioni con artisti quali Renata Tebaldi e Mario Del Monaco, che le assicurarono fama e popolarità: Rigoletto (1954), La favorita e La forza del destino (1955), Il barbiere di Siviglia e Il trovatore (1956), La Gioconda (1957), Aida (1958, direttore Karajan), Cavalleria rusticana (1960), Adriana Lecouvreur (1961), Suor Angelica (1962), La Cenerentola (1963).Nel 1964 incise un secondo Trovatore per EMI, mentre nello stesso anno per RCA fu Quickly nel Falstaff. Nel 1954 per EMI aveva registrato anche L’italiana in Algeri. Come scrive il musicologo Giancarlo Landini:
la Simionato possedeva una schietta voce di mezzosoprano, non potente ma singolare per timbro e colori. Sicura nel centro, la voce presentava un registro acuto facile ed esteso, un grave non particolarmente pronunciato. La tecnica eccellente e la musicalità attenta e sorvegliata le permisero d’incarnare appieno quell’evoluzione del gusto che investì il teatro d’opera nell’immediato dopoguerra, quel desiderio di affrancarsi dal realismo verista che aveva dominato dall’inizio del secolo, specie nell’intervallo tra le due guerre.
IL RITIRO DALLE SCENE
Diede l'addio al palcoscenico accettando una piccola parte, quella di Servilia nella Clemenza di Tito che aprì il 24 gennaio 1966 la stagione della Piccola Scala di Milano. Anche se la voce era ancora in buona forma, aveva deciso infatti di dare una netta priorità agli affetti, essendosi unita in matrimonio due mesi prima con il noto clinico Cesare Frugoni. Il precedente matrimonio con il violinista Renato Carenzio, sposato nel 1940, era stato infatti un fallimento, perché il coniuge aveva il vizio del gioco e le mani bucate. Il professor Frugoni invece la rese finalmente felice e per tredici anni la colmò di affettuose attenzioni e di splendidi regali. La sua morte, avvenuta nel 1978, fece però cadere Giulietta in uno stato di profonda depressione da cui soltanto la frequentazione amichevole con l'industriale farmaceutico Florio De Angeli, che conosceva da vario tempo e che comprendeva perfettamente i suoi problemi essendo rimasto come lei vedovo, riuscì gradualmente a sollevarla da quello stato di prostrazione. Un giorno le propose di unire le loro solitudini e, dopo molti tentennamenti, Giulia accettò di sposarlo nel 1979. Ormai il mondo del teatro non l'interessava più, ma volle dedicarsi appassionatamente all'insegnamento che le consentì di scoprire veri talenti della lirica ed inoltre accettò di partecipare come madrina a vari concorsi di canto.
LA FINE
Scomparve a Roma il 5 maggio 2010, una settimana prima dei festeggiamenti per il suo 100° compleanno.
IL PROFONDO LEGAME CON LA CITTÀ NATALE
Ricordo nitidamente l'ultima volta in cui la cantante venne a Forlì, il 28 febbraio 2002, su invito dell'Associazione “Forlì per G. Verdi”; piena di energie e di verve, elegantissima (memorabili i suoi tacchi a spillo a novantadue anni e i cappellini che adorava) conquistò il pubblico presente nella Sala S. Caterina con una brillante e lucida conversazione, cui seguì l'ascolto di alcune note interpretazioni operistiche registrate dal vivo. Il giorno seguente ricevette dall'Assessore alla Cultura, in Municipio, a nome della città, una statuetta in argento raffigurante la Madonna del Fuoco, protettrice di Forlì, e nella stessa serata, all'Hotel della Città, dal “Lions Forlì Host” le fu conferito un altro importante riconoscimento, il Lion d'oro. Nella sua città natale era ritornata sempre con entusiasmo anche in altre occasioni: il 7 maggio 1942 per interpretare al Comunale Lola nella Cavalleria Rusticana, affiancata da Mario del Monaco, il 29 maggio 1957 per un Grande Concerto vocale ed orchestrale tenuto al Teatro Esperia in omaggio ad Arturo Toscanini scomparso nel gennaio precedente, nel maggio 1997 in occasione della mostra dedicata al baritono Ettore Bastianini, infine il 27 novembre 2000, come madrina d'onore, all'inaugurazione del nuovo teatro dedicato a Diego Fabbri.
Roberta Paganelli
Giulietta Simionato
Connais-tu le pays où fleurit l'oranger? - "Mignon" di J. Massenet
direttore Fernando Previtali - Orchestra S. Cecilia di Roma
Roberta Paganelli